Tante storie in 112 ferri raccolti all’Arcobaleno
FELTRE. Il ferro come fonte di vita, ma anche strumento di morte. Domenica prossima alle 15 il vescovo di Belluno Feltre, Renato Marangoni, inaugurerà alla Cooperativa Arcobaleno al Casonetto una singolare mostra curata dalla Comunità di Villa san Francesco che fa capo ad Aldo Bertelle. I ragazzi hanno raccolto 112 ferri provenienti da ogni parte del mondo e li esporranno nell'ambito della mostra dal tema “Covare l'inatteso”. «E chi meglio del ferro poteva aiutare a capire una delle Età dell'uomo, quella dove impara a lavorare metalli, inventare la scrittura, dare vita a città e civiltà complesse, da un punto di vista sociale, economico, politico, umano, tecnologico?», spiega Bertelle.
Antonio si è procurato una piccola bisaccia dove mettere la forchetta di una famiglia di Longarone, trovata dopo quella notte del Vajont del 9 ottobre 1963. Fabrizio ha messo in tasca la maniglia di una casa dove vivono ora la legalità e la speranza con giovani colmi di desiderio di vivere, un tempo “dormitorio” della mala del Brenta di Felice Maniero, e sarà il primo ad arrivare a Betlemme per aprire la maniglia dello stupore della stalla betlemita dell'incredibile. «Questi ragazzi e questi giovani sono un piccolo popolo di transumanti», sottolinea Bertelle, «moderni pastori, feriti prima del tempo, pronti tuttavia a camminare verso la città palestinese del pane, a testa alta, pensando in grande, allenati già dal verbo restituire a porre lo sguardo alla cassaforte del mondo, quella senza porta, quanto di bene hanno ricevuto».
Luca, guida del gruppo, ha scelto il pesante pastorale di ferro, un palo lungo e tutto di ferro, con strane pieghe, capace di sfidare il freddo, le tempeste di neve, rispettoso del sangue versato e impastato con la neve, senza distinzione di divise, lassù sulla cima del Monte Grappa, dove assolveva il compito di tenere ben separate con il filo spinato le truppe avverse. Luca è partito prima di tutti, è in cammino solitario verso la basilica di san Pietro in Vaticano, per porgere con la delicatezza aspra dei contadini questo pastorale a Papa Francesco, certo che lo userà la Notte Santa, lui pastore della chiesa universale, senza paura per il peso, incurante della ruggine che lo avvolge.
Maria Rosa, Pamela e il minutante Manuele spingeranno una culla servita alla Ruota degli esposti per l'infanzia abbandonata nel padovano, pronti a sostare dove qualche diritto all'infanzia sia stato negato. Issa curerà la tranquillità del lungo cammino, si è caricato nel cuore la bontà e la fedeltà della Stella, la nostra cagna pastora. Erik ha preso la corda rotta di un pianoforte e la ha fissata su una cetra, sarà lui nella stalla a Betlemme ad accompagnare il canto “Tu scendi dalle stelle” un Bambino venuto da lontano, quel Bambino che dirà più avanti: se non ritornerete come bambini non entrerete mai.
Yasmine, una bambina coraggiosa, ha sostituito il proprio orologio con quello di suor Rosa Lombardi, da 50 anni in Brasile per curare e fasciare uomini e donne colpite dalla lebbra. «Questa cipolla brasiliana ci aiuterà a misurare il tempo di tanti viaggi della vita», conclude Bertelle, «ricordandoci che il tempo passa e ci verrà imputato, appunto quell'Alfa e quell'Omega, il principio e la fine della vita di tutti i cittadini del mondo, chiamati a salire in terra e trasformare, anche il ferro, in parole e in gesti di amore».
Francesco Dal Mas
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi