Tecnico rapito, una settimana di silenzi
SEDICO. Un deserto di certezze. Niente di nuovo dalla Libia. Tutta una settimana, senza avere una pista, per i familiari di Danilo Calonego. Il rapimento del tecnico di Sedico, del collega piemontese Bruno Cacace e di un cittadino canadese è come avvolto in una tempesta di sabbia, dall’alba di lunedì scorso. Non si sa nemmeno chi abbia organizzato e fatto il sequestro, portando via i tre, all’aeroporto di Ghat, dove si stavano dedicando a lavori di manutenzione per conto dell’impresa Conicos di Mondovì.
Fonti libiche, come 218tv.net raccontavano di «uomini mascherati che si trovavano a bordo di una vettura quattro per quattro, hanno fermato vicino alla cava di El-Gnoun, un'auto dove si trovavano a bordo alcuni stranieri diretti verso il loro posto di lavoro vicino all'aeroporto». Altre fonti sostengono che i rapitori avrebbero puntato un'arma verso l'autista. Non si sa se sia stato colpito. Ma una fonte del sito masrawy.com entra più nei dettagli e sostiene che i tre occidentali «sono stati prelevati da un gruppo di uomini, che erano a bordo di due auto. I rapitori hanno aperto il fuoco contro di loro e poi li hanno prelevati». La stessa fonte aggiungeva che «l'autista che accompagnava i tre è stato trovato con le mani legate in una zona desertica». In un secondo momento è spuntata l’ipotesi del terrorismo internazionale e di Al Qaeda, ma è arrivata pronta una smentita, per cui è stata rispolverata l’ipotesi di predoni locali, che comunque potrebbero essere in contatto con organizzazioni molto più importanti e pericolose.
I lavoratori della Contratti italiani costruzioni avevano sempre avuto una scorta armata, ma negli ultimi giorni era stata tolta. Ma secondo l’azienda Calonego in persona aveva deciso di sua spontanea volontà, il giorno del rapimento, di avvalersi soltanto di un autista armato, rinunciando così alla piccola scorta che pure l’azienda gli avrebbe messo a disposizione. Quello stesso giorno del rapimento Calonego e Cacace per il trasferimento dal campo al cantiere, hanno portato con sé un solo autista armato che, vista la situazione sopravvenuta, fortunatamente non ha reagito, in modo da evitare il peggio. Se l’autista avesse aperto il fuoco sui rapitori, si sarebbe rischiato un bagno di sangue.
La Farnesina sta lavorando con grande impegno, per cercare un canale efficace con i rapitori e magari impostare una trattativa, che possa portare al pagamento di un riscatto. Le ricerche proseguono. Una speranza in più arriva dall’esercito francese, che ha una base nel vicino Niger, dalla quale potrebbero alzarsi in volo droni e velivoli tattici. Per il resto, La conversione all’Islam di Calonego, dopo il secondo matrimonio con la marocchina Malika non è proprio un’assicurazione sulla vita, ma qualche aiuto potrebbe darglielo.
La storia più recente racconta che i sequestri di lavoratori in Libia non si sono mai risolti in tempi brevi. Sono serviti otto mesi per liberare Gino Pollicardo e Filippo Calcagno, operai della Bonatti, nel marzo di quest’anno. Si trovavano nei pressi di Sabrata, popolosa città sulla costa settentrionale, e i loro carcerieri non li avevano mai allontanati da lì. La famiglia di Calonego è chiusa nel silenzio, a Peron: «Non abbiamo novità», allarga le braccia al telefomo Simona, una delle figlie, «aspettiamo notizie, nel frattempo preferiamo non dire di più».
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