Telecom può rinunciare all’antenna di Pedavena
PEDAVENA. Forse un ripensamento, forse un semplice cambio di strategia. Non sono ancora pervenute disdette ufficiali, ma sembra che Telecom, rintracciata telefonicamente qualche giorno fa dall'ufficio tecnico del Comune, abbia fatto intendere di voler rinunciare all'installazione dell'antenna “Bu-33” nel prato privato di via Roma, circondato da case e a ridosso di un asilo, del municipio e della biblioteca. In attesa dell’udienza che si terrà domani al Tar per effetto del ricorso presentato dalla stessa Telecom contro il Comune, a causa della delibera di consiglio approvata all'unanimità per esprimere la contrarietà all'installazione di nuovi ripetitori dati, il primo cittadino fa un'affermazione che sembra aprire uno spiraglio sulla questione: «Il rilascio dei permessi necessari all'installazione della nuova antenna risalgono a novembre: se fino a oggi non è ancora stato fatto niente, potrebbe voler dire che la Telecom ha tenuto conto delle proteste nostre e dei cittadini», afferma Maria Teresa De Bortoli. «Io non ho parlato con l'azienda, sto aspettando l'udienza di mercoledì, ma so che l'ufficio tecnico lo ha fatto e pare che l'operatore telefonico stia considerando l'ipotesi di non mettere più l'antenna in via Roma». Ancora non si sa se sarà spostata, né dove. Ma se la notizia dovesse essere confermata, sarebbe la prima vera vittoria conseguita dall'amministrazione e dai cittadini, rappresentati dal comitato No antenne Pedavena che negli ultimi mesi ha portato avanti una campagna informativa e di sensibilizzazione contro la proliferazione di antenne nel comune. La Bu-33 avrebbe raggiunto un'altezza superiore ai 30 metri, con un ballatoio sommitale servito da un sistema radiante di sei antenne distribuite su altrettanti settori di orientamento, e con l'aggiunta di un'ulteriore antenna parabolica di 60 centimetri di diametro. Il problema si trascina ormai da anni ed è stato complicato dalla legge Gasparri, che ha equiparato le antenne, i tralicci, gli elettrodotti a qualsiasi altra opera di urbanizzazione. L'ultima parola quindi ce l'ha sempre lo Stato. Il Comune ha posto il veto sui luoghi pubblici, ma su quelli privati non c'è possibilità di intervenire. Il succoso canone di affitto mensile offerto dalla compagnia (che oscilla tra i 1000 e i 1200 euro al mese) rischia di fare gola a tanti. Per questo è nato il comitato: per creare una coscienza civica compatta, per il bene di tutti. Perché se l'operatore installa l'antenna nel terreno del vicino, il beneficio economico è solamente suo, mentre l'inquinamento ambientale e i danni alla salute sono a carico di tutti.
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