Terra Viva, dieci anni di agricoltura sostenuta dalla comunità
A Stabie di Borgo Valbelluna giro di boa per l’azienda basata su un progetto sociale. Dimitri Zuccolotto e Isabella Paganin sono finanziati da una cinquantina di famiglie che ogni settimana ricevono una cassetta di ortaggi
Terra Viva compie dieci anni, all’insegna dell’avanguardia verso un futuro sostenibile: fondata da Isabella Paganin e Dimitri Zuccolotto nella frazione di Stabie, nel 2015, l’azienda è la prima Csa (comunità a supporto agricolo) bellunese. Si tratta di un progetto agricolo sociale che si basa su un rapporto di mutuo impegno tra un’azienda agricola e una comunità di sostenitori. Terra Viva coltiva oltre trentacinque varietà di ortaggi all’interno di aiuole permanenti (market garden) che distribuisce a cinquanta famiglie, ogni settimana per 25 settimane da fine maggio a novembre.
La lavorazione si basa non solo sulla semplice agricoltura, ma su sistemi che abbracciano un po’ i principi agroforestali, agroecologici e della permacultura attraverso interventi realizzati tramite piccole attrezzature manuali ma altamente professionali per evitare problematiche al suolo ed aumentarne al tempo stesso la fertilità. Nessun tipo di aratura o di fresatura dunque, ma un’agricoltura altresì rigenerativa, che, in meno di 1600 metri quadri di orto, genera 300 chili di ortaggi a settimana.
Per aumentare la biodiversità vengono oltretutto sfruttate diverse strategie, quali ad esempio gli specchi d’acqua come gli stagni, le bordure negli orti, i nidi per gli insetti e per i volatili. «Terra Viva è un’azienda agricola che crea anche un habitat oltre alla produzione di ortaggi», racconta Dimitri Zuccolotto, «tutelando il paesaggio e la microfauna del suolo. A tal fine, una coltura agroforestale ci consente di utilizzare delle piante per la produzione di frutta e di biomassa e di gestire l’acqua in maniera consapevole. Meno input esterni, grazie ad una produzione in loco grazie ad animali, fotosintesi, colture di copertura, biomassa che produciamo in azienda con sfalci, cippature e quant’altro. Così facendo viene meno l’uso di prodotti fitosanitari».
Come tutte le cose, anche le Csa hanno sia punti forti che punti deboli. Visto che si basano su un’agricoltura naturale, il primo beneficio è quello dell’alta qualità del cibo e quindi della salute di chi lo mangia. Da ciò derivano anche benefici ambientali, perché è un’agricoltura che si fonda sulla biodiversità delle colture, sul rispetto dei cicli naturali e della stagionalità.
«Ogni famiglia si aspetta 5,5/6 kg di verdura. Aumentando la fertilità chimica, fisica e biologica del suolo e sfruttando il sistema di coltivazione in market garden, le rese sono maggiori», aggiunge Zuccolotto.
Il punto debole può essere rappresentato dal limite economico. L’investimento da parte dei soci può essere superiore rispetto a quello necessario per acquistare gli stessi prodotti dalla grande distribuzione; se questo avviene, è perché il mercato opera solitamente in modo del tutto iniquo nei confronti di chi lavora la terra.
Un altro fattore, di eguale rilevanza, è legato al clima: a seguito della crisi climatica, che imperversa da anni pure nel Bellunese, Terra Viva si è tutelata. «Nel 2024 abbiamo comprato quattro strutture, fatte per difenderci da pluviometrie troppo elevate», conclude, «e per proteggere le nostre colture. Aumentare le tecnologie per difendere la produttività è una misura ormai necessaria».
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