"Terremoto, la nostra notte di paura a Pescara"

La testimonianza di Enrico Ferro, giornalista del mattino di Padova: "Il palazzo che tremava, siamo scesi in strada"
Enrico Ferro
Enrico Ferro

PESCARA. Se frequenti l'Abruzzo e gli abruzzesi, la terra che trema alle tre e mezza della notte ti toglie ancora il fiato. Le lacrime per i 309 morti dell'Aquila, sette anni dopo, scendono ancora. La cabala del disastro, stavolta, ha fermato l'orologio alle 3.36 del 24 agosto. Pescara, via Palermo, appartamento al quarto piano: il palazzo si muove come un pendolo. Tremano i soprammobili. Ondula persino il televisore a schermo piatto posizionato sul comodino. Sono secondi interminabili. È sempre difficile quantificare il tempo quando la paura ti blocca le gambe e ti crea un vuoto allo stomaco.

Il pensiero va automaticamente alla tragedia dell'Aquila. Pensi che stavolta tocca a te, ti convinci che questo sarà il tuo disastro. Le luci del palazzo si accendono una a una mentre raggruppi scarpe e pantaloni cercando di non perdere l'equilibrio. Prendi in braccio la tua bambina di tre mesi e scendi le scale con il cuore in gola pensando che no, non puó essere arrivato il tuo momento. Solamente quando arrivi in strada ti rendi conto di non essere solo con la tua paura.

La gente scende dai palazzi con il telefono cellulare in mano. Servono informazioni. Dov'è l'epicentro? Ci sono morti? Sono crollate case? Stringi la tua bambina e guardi il telefonino in cerca di notizie senza mai perdere di vista i cornicioni che ti stanno intorno. È Twitter a fornire le prime risposte: l'epicentro è nei pressi di Accumoli, in provincia di Rieti, Lazio, a soli 4 chilometri di profondità.

Sempre dai social arrivano le prime tremende conferme: il sindaco di Amatrice dice che il suo paese non esiste più. È crollato e ci sono le persone sotto le macerie. Un'ora passa alla velocità della luce, nonostante il freddo della notte e l'ansia che ti assale.

Ore 4.32: nuova scossa che fa tremare persino l'auto all'interno della quale ti sei barricato, pronto a scappare chissà dove. L'iPhone è bollente, Facebook e Twitter continuano a vomitare foto e notizie. Ti chiedi se finirà, come e quando finirà. Per strada passano le pattuglie della polizia e dei carabinieri. In lontananza si sentono le sirene dei mezzi di soccorso in partenza per raggiungere i luoghi del crollo. Nel frattempo arriva l'alba. L'alba di un nuovo disastro.

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