Testamento “falso”, indagata una nipote

Lentiai. Lite tra parenti su un’eredità da 236.000 euro: la procura accusa una donna di falso e appropriazione indebita
Di Marco Filippi
Un'aula del tribunale di Belluno
Un'aula del tribunale di Belluno

LENTIAI. Nel testamento che portava la firma dell’anziano zio acquisito, lei, D.T. una lentiaiese di 44 anni, era stata nominata erede universale. Dopo la morte dell’anziano, nel gennaio 2010, la donna prelevò dal conto intestato al parente deceduto 136.000 euro e li trasferì nel conto corrente bancario del marito. La stessa cosa la fece coi 100.000 euro del premio polizza vita che lo zio aveva stipulato, cinque anni prima della sua morte, indicando come eventuali beneficiari un generico “eredi testamentari”. In tutto 236.000 euro. Una bella somma, dunque. Ma secondo le indagini della procura della Repubblica, innescate da una dettagliata denuncia di un cugino, quel testamento era in realtà un falso, “frutto della pedissequa imitazione della calligrafia” del defunto. Ora la donna, D.T. (difesa dall’avvocato Davide Fent), si trova sotto inchiesta con due pesanti accuse: appropriazione indebita dell’ingente somma di 236.000 euro e falso ideologico. Stando ad indiscrezioni, la donna sarebbe indagata in un procedimento distinto anche per il falso testamento.

La vicenda risale al periodo immediatamente dopo la morte dell’anziano di Lentiai, quando si accese una disputa sul testamento che indicava come erede universale la nipote acquisita dalla moglie. Quel testamento fu impugnato davanti al giudice civile Marcello Coppari da un cugino del defunto E.C., 68 anni (assistito dall’avvocato Luca Dalle Mule). In altre parole, secondo l’uomo il testamento nel quale si indicava D.T. come erede universale era falso. Una tesi sposata dalla procura della Repubblica di Belluno che ha avviato una doppia inchiesta penale con il sostituto procuratore Simone Marcon.

Un’inchiesta che si è chiusa con la contestazione dei due reati di appropriazione indebita e falso ideologico. Dopo infatti l’impugnazione del parente, l’indagata era stata nominata dal tribunale civile di Belluno custode giudiziario dei beni ereditati in attesa che si dipanasse la vicenda, con l’obbligo di rendiconto. La donna, secondo l’accusa, avrebbe omesso falsamente di includere nel rendiconto patrimoniale il saldo di 136.000 euro del conto corrente del defunto indicando soltanto un saldo finale di poco più di mille euro. Non solo. Avrebbe anche taciuto al tribunale l’esistenza della polizza vita da 100.00 euro.

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