Testimonianze del Vajont: quanti ricordi nel Memoriale

LONGARONE. Dopo cinquant’anni, i ricordi si fanno sottilissimi: a volte rimane giusto un’immagine, per raccontare un amico d’infanzia o una vecchia zia. Il memoriale del Vajont (http://racconta.gelocal.it/corrierealpi/vajont/) si propone di catturare queste immagini per conservarle online, a disposizione di chiunque voglia scoprire chi erano, quelle 1910 persone, prima di diventare delle “vittime”.
Da alcuni mesi il memoriale è accessibile: giorno dopo giorno, si va arricchendo di ricordi e testimonianze.
Fabio Brianti, ad esempio, ricorda Giacomo Facchinetti, che nel 1963 aveva 14 anni: per un breve periodo era stato suo vicino di casa a Codissago. Giacomo si era trasferito da Bergamo con la famiglia – il patrigno lavorava sulla diga. Poco prima del 9 ottobre si erano spostati a Vajont, proprio davanti allo sbocco della valle. «Andavamo a giocare al Piave insieme: si scendeva sul greto da Codissago. Lui era un tipo robustissimo: riusciva a correre scalzo sui sassi del fiume, quando per noi era difficile anche solo camminarci, e con le scarpe ai piedi».
Il papà di Maura Roman, Teonisto, lavorava per la ditta Monti. Veniva da Quero, per cui dormiva nel cantiere di fianco alla diga insieme ai dipendenti della Sade. Si è salvato perché quella notte i superiori lo avevano incaricato di chiudere la strada per Erto. L’onda gli è passata sopra la testa. Da allora, non ha mai più parlato di Vajont – o quasi. Ha costruito casa con l’amico che quella notte era di turno con lui. Ogni 9 ottobre passavano la giornata insieme: stavano in silenzio. Agostino Mazzocco era uno dei colleghi di Teonisto: «Prima di uscire per il blocco stradale mio padre ha lasciato ad Agostino la sua sveglia. Era un lusso, un regalo di nozze: gli serviva per quando faceva il turno delle 5 del mattino. Agostino lo ha salutato, Spegni la luce e fai piano. Non si sono mai più rivisti. Agostino non è mai stato trovato».
Eda Versich aveva 26 anni. Triestina, è morta il giorno del suo compleanno insieme a tre amici: dopo una gita, probabilmente in montagna, hanno deciso di cenare a Longarone. Si sono fermati più a lungo per vedere la partita. Di Eda non ne sapremmo nulla, probabilmente, se la signora Giuseppina Zancolich non avesse deciso di ricordarla online: Eda – o forse Edda, non è chiaro – era stata un amore di gioventù del marito, quando entrambi lavoravano per un salumificio triestino. «Non l’ho mai conosciuta, ma se mio marito l’ha amata, doveva essere una bella persona. Vado a trovarla tutti gli anni, le porto un fiore».
Paolino De Bona era uno dei maestri di Longarone. «Una persona eccezionale» ricorda Stelvio Facca «ma severa. Impossibile sostenerne lo sguardo». Il maestro De Bona lo ricorda anche Valter Caruzzo: «Era in gamba, e ci vedeva lontano. Ci diceva sempre: Vedrete quando sarete grandi, ci sarà una macchinetta che farà tutti i conti al posto vostro».
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