Tfr mensile, «no» da sindacati e aziende

Industriali e artigiani: «A rischio imprese e lavoratori. Sono altre le priorità». Cgil e Cisl: «Si smantella lo stato sociale»
Di Paola Dall’anese

BELLUNO. Imprenditori e sindacati rigettano l’idea del Governo di pagare il Tfr direttamente in busta paga per rilanciare l’economia.

L’operazione non convince Confindustria Belluno che, se da un lato condivide la necessità di rianimare il mercato interno, garantendo maggiore capacità di spesa alle famiglie, dall’altro è preoccupata per gli effetti che la misura potrebbe avere sulle piccole e medie imprese (già stremate da sei anni di crisi e a corto di liquidità per la contrazione del credito).

«È vero che questa iniziativa potrebbe dare nuova linfa ai consumi», dice il presidente Gian Domenico Cappellaro. «Ma non dobbiamo dimenticare che, oltre a un problema di liquidità delle imprese, si creerebbe anche un problema sociale per il futuro, visto che le pensioni, con il sistema contributivo si vanno assottigliando. A mio avviso andrebbe incentivata la devoluzione del Tfr alle forme di previdenza complementare».

Cappellaro precisa: «Le imprese con più di 50 dipendenti conferiscono già il Tfr all’Inps o ai fondi pensione, quindi è l’Inps che dovrà mettere il denaro a disposizione dei lavoratori. Per le piccole imprese, invece, il problema potrebbe essere significativo, perché l’operazione drenerebbe ulteriore liquidità; anche se ci fossero nuove risorse della Bce, queste sarebbero disponibili solo per aziende con alto merito creditizio».

Per il capo degli industriali le misure urgenti per rimettere in moto l’economia sono altre: «Dall’eliminazione degli sprechi e della spesa pubblica improduttiva, alla riforma della giustizia, dalla riduzione della pressione fiscale, alla semplificazione burocratica. Non credo sia decisivo concentrarsi su misure controverse e di dubbia efficacia, perché si rischia di perdere di vista le priorità».

Della stessa opinione il presidente di Confartigianato, Giacomo Deon. Se da un lato si dice convinto che «non ci sarebbero particolari problemi nel pagare mensilmente il Tfr per le aziende che l’hanno accantonato», dall’altro però sottolinea: «Le priorità sono altre, dallo snellimento della burocrazia, alla facilità di accedere al credito. Il resto sono palliativi. Per ora abbiamo sentito tanti proclami, ma per le aziende non abbiamo visto granché».

Concorda anche il capo dell’Appia, Moreno De Col: «Le imprese hanno difficoltà di liquidità, anche se allo Stato farebbe comodo introitare più soldi».

Insorgono i sindacati. «L’ipotesi del Tfr», sbotta il segretario generale della Cgil, Ludovico Bellini, «è un'ulteriore presa in giro da parte del governo; vuol dire ascoltare la pancia della gente e smantellare lo stato sociale costruito in tanti anni». E spiega i motivi: «Il Tfr, oltre ad aiutare le imprese, permette al lavoratore di trovarsi un tesoretto quando va in pensione; ma il trattamento di fine rapporto deve principalmente servire ai giovani per costruirsi una degna pensione integrativa, visto che l’indennità garantita dallo Stato sarà pari al 48% dell’ultimo stipendio». Per Bellini mettere il Tfr in busta paga significa «creare nuova povertà, perché i giovani spenderebbero subito questi soldi. È una manovra del governo per fare cassa, è l’ennesima dimostrazione che Renzi sta facendo dell'Italia un paese di serie B».

Auspica l’apertura del dialogo Anna Orsini, segretaria aggiunta della Cisl. «Avere una busta paga più pesante è quello che da tempo chiediamo, ma attraverso una diminuzione dell'Irpef e non anticipando quello che domani sarà necessario per garantire una vecchiaia dignitosa. Si tratta anche  di capire che tipo di prelievo fiscale in busta paga comporterebbe questa scelta, considerando che il Tfr ha una tassazione separata e differenziata. Rischiamo, poi, di mettere in discussione un percorso di promozione della previdenza complementare. È una consapevolezza che già stentava a maturare anche in presenza di una continuità lavorativa e che avrebbe dovuto essere maggiormente sostenuta da una tassazione particolarmente favorevole».

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