Thoeni: «I Mondiali? Bisogna investire»

Il campionissimo di Trafoi ripercorre le tappe della sua carriera e dà consigli ai genitori di futuri campioni: non stressateli
Stefano Vietina, Gustavo Thoeni e Rosanna Raffaelli Ghedina
Stefano Vietina, Gustavo Thoeni e Rosanna Raffaelli Ghedina

CORTINA. «I mondiali a Cortina? Una bella sfida, bisognerà investire, ma andranno benissimo».

Parola di Gustav Thoeni. Il campionissimo dello sci non ha dubbi: «A Cortina c'è una bella tradizione in fatto di organizzazione di gare di Coppa del mondo, i Mondiali del 2021 saranno un successo».

Lo ha ribadito venerdì pomeriggio al Miramonti intervenendo alla presentazione del libro "Sciare con i social network", di Tiziana Fattor e Stefano Vietina, nell'ambito della rassegna “Cortina terzo millennio” organizzata da Rosanna Raffaelli Ghedina.

L'occasione per ripercorrere le tappe di una vita dedicata allo sci, ma non solo, senza disdegnare incursioni sul presente e sul futuro di questo sport, con l'esperienza e la saggezza che lo contraddistinguono e sempre col suo stile fatto di disponibilità e sorriso. Lui non si è sottratto al fuoco di fila di domande che Vietina gli ha sottoposto, per trasformare la presentazione di un libro (che contiene fra l'altro una lunga intervista esclusiva allo stesso Thoeni) in un simpatico omaggio al campione.

Il pubblico nella sala del Miramonti
Il pubblico nella sala del Miramonti

Le tre gare più importanti della sua carriera?

«Difficile dire, forse il gigante in Val d'Isère, nel dicembre 1969 (allora Thoeni aveva 18 anni, ndr), quando vinsi il gigante al mio esordio in Coppa del mondo: e fu una sorpresa per tutti perché gli italiani non vincevano tanto in quel periodo. Poi senz'altro le Olimpiadi di Sapporo nel 1972, dove vinsi la medaglia d'oro in gigante e quella d'argento in speciale, dietro alla “sorpresa”, lo spagnolo Fernández Ochoa. Poi ancora il parallelo di Ortisei in Val Gardena contro Stenmarck nel 1975 (gli valse la quarta Coppa del mondo, ndr)».

In carriera c'è stato anche un secondo posto che si ricorda forse più di una vittoria?

« Sì, sempre nel 1975, a gennaio a Kitzbuhel sulla mitica Streif: sono arrivato secondo in discesa libera, che non era la mia specialità, con soli tre millesimi di distacco da Franz Klammer, che quell'anno le vinceva tutte. In pratica 8 centimetri dopo una gara di quasi 3,5 km. Io, slalomista, mi sono tolto così la soddisfazione di battere tutti gli specialisti della discesa e di arrivare quasi alla pari col più forte di tutti e sulla discesa più difficile al mondo».

Oggi Gustav Thoeni vive a Trafoi, a pochi chilometri dallo Stelvio, e gestisce l'albergo di famiglia, il Bella Vista. Lo fa con la stessa classe e lo stesso successo dimostrati da campione sportivo, accompagnando i clienti nelle passeggiate in estate o a sciare in inverno e mostrando loro il piccolo museo delle sue vittorie. Venerdì ha lasciato Trafoi, in pieno agosto, per raggiungere Stefano Vietina, con una grande dimostrazione di amicizia, e presentarsi a tanti appassionati. Fra loro Luca Barbini, presidente Confindustria Belluno Dolomiti; Enrico Ghezze, presidente impiantisti cortinesi; Ivano Tommasella, presidente Consorzio Val Comelico Dolomiti. Tutti incuriositi ed ammirati nell'ascoltare il campione, che non ha lesinato battute e sorrisi.

La dualità con Stenmark?

«Un bel duello, io l'ho battuto nel parallelo di Ortisei; poi lui, più giovane, ha vinto molto, ma tutto sommato poche Coppe del mondo perché anche nel suo periodo mettevano in calendario molte discese che non erano certamente le nostre gare».

Con la valanga azzurra avete fatto diventare lo sci un fenomeno di massa: 20 milioni di spettatori in tv nel 1975 in Val Gardena per il parallelo, 40.000 appassionati sui pendii di Ortisei quel giorno. Ma eravate davvero così amici?

«Sì, siamo stati bene insieme. Poi si gareggiava, è ovvio; ed anche con mio cugino Rolando c'era rivalità, così come con Piero Gros, Erwin Stricker, Helmut Schmalzl, Tino Pietrogiovanna, Ilario Pegorari, Carlo Demetz, Giulio Corradi, Fausto Radici, Tiziano Bieller, Paolo De Chiesa. Ci si allenava duro in estate ed in inverno, eravamo sempre in giro insieme e poi la sera andavamo uniti a bere qualcosa».

Si narra che Mario Cotelli, il dt azzurro, pianse vedendola rimontare dal 13mo posto della prima manche fino alla vittoria ai Mondiali di Saint Moritz, il 10 febbraio 1974, quando lei vinse l'oro in slalom speciale, in quella che viene ricordata come la più bella manche della storia degli sport invernali...

«Questo non lo so, di certo con Cotelli c'è sempre stato un ottimo rapporto personale».

E poi le vittorie da allenatore con Alberto Tomba...

«Un altro bel periodo della mia vita. Alberto è stato un campione dalle qualità fisiche uniche, ed anche con una grinta ed una voglia di vincere che andavano solo allenate. Quello che ho fatto per sette anni».

Ed ora lo sci dove va? Cosa consiglia ai giovani?

«Ai ragazzi di divertirsi, alle loro famiglie di lasciarli tranquilli. C'è tempo per diventare campioni, inutile stressarli troppo da piccoli».

 

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