Timbravano e uscivano indagati cinque impiegati
FELTRE. Cerchi lavoro, non trovi l’impiegato. Che allo sportello dovrebbe esserci, ha timbrato, l’hanno visto, ma poi si è preso una licenza, forse sta tornando, è uscito un attimo, sì insomma un quarto d’ora, magari anche di più, anche un’oretta certe volte. Al Centro per l’impiego di Feltre andava così, per un periodo, tra il 2010 e il 2011. In cinque avevano dato un’interpretazione tutta personale del termine flessibilità e nell’orario di ufficio si concedevano il lusso di sbrigare faccende personali. C’era chi andava al bar a prendere un caffè lunghissimo e a giocare la schedina, un grattaevinci, due chiacchiere. C’era chi andava alle poste per pagare le bollette e si sa, la fila lunga, le attese. C’era chi tornava a casa e si prendeva tutto il tempo necessario per innaffiare le piante. Così capitava - e non di rado - che l’utenza brontolasse. Il mugugno poi è diventato protesta e quelli meno pazienti si sono rivolti ai carabinieri di Feltre.
I quali, invece, di pazienza ne hanno avuto tanta, perché per mesi si sono dedicati ad un’operazione di pedinamento degli impiegati che ha permesso, alla fine, di consegnare al sostituto procuratore di Belluno Antonio Bianco, un dossier corredato di immagini, video e resoconti dettagliati sull’inattività degli impiegati.
I cinque assenteisti ora sono indagati per truffa ai danni dello Stato. Nelle loro buste paga, infatti, non ci sarebbe mai stata nessuna trattenuta per le assenze, peraltro non giustificate. A giorni il pubblico ministero potrebbe chiedere per tutti il rinvio a giudizio.
Ora si dirà che è il colmo, per un ufficio del lavoro. E giù battutine. Ma a quel tempo la cosa doveva essere diventata quasi un’abitudine, nell’ufficio del Boscariz. Metà dei dieci dipendenti - stando alla ricostruzione fatta dagli inquirenti - timbrava il cartellino e poi non garantiva la presenza costante alla scrivania. Gli altri abbozzavano, qualcuno si lamentava, ma poi la direttrice evidentemente non riusciva a rimettere le cose a posto. Tanto è vero che qualche mese dopo, saputo delle indagini in corso, l’amministrazione provinciale - che dell’ufficio è responsabile - l’aveva sollevata dall’incarico, spostandola a Belluno. A quel punto però il lavoro di pedinamento dei carabinieri aveva già consentito di mettere insieme un bel pacco di prove. Foto e video che ora raccontano quanta libertà riuscissero a prendersi, in orario di lavoro, i cinque impiegati. A scapito del servizio, se è vero che proprio dalle lamentele dei cittadini si è messa in moto l’inchiesta.
Il faldone delle prove è da tempo in procura e gli impiegati qualche giorno fa hanno ricevuto l’avviso di garanzia. Nel frattempo anche la Provincia ha disposto - e a quanto pare anche completato - un’indagine interna, anche se ora si attendono le prossime mosse della procura per capire cosa fare. I legali dei cinque sono al lavoro per preparare la difesa, ma l’intenzione del pm è quella di chiedere per tutti il rinvio a giudizio con l’accusa di truffa ai danni di un ente pubblico. A nessuno dei dipendenti, infatti, stando alle verifiche effettuate con gli uffici amministrativi della Provincia, sarebbe mai stata trattenuta una parte della paga. Dunque lo stipendio è sempre stato pagato per intero. L’orario di lavoro, invece, intero non era.(cric)
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