«Tra qualche anno monti senza ghiacciai»

Al Fedaia gli esperti hanno indicato nei teli geotessili uno dei mezzi per difendere quel che rimane
PASSO FEDAIA . La nevicata che ieri ha imbiancato il Fedaia (e non solo), nel corso del dibattito “Marmolada: quale sorte per il ghiacciaio?”, è sembrata esorcizzare un futuro delle nevi perenni con la data di scadenza: «Tra qualche decennio, se non cambia qualcosa in termini meteo-climatici, le Alpi d’estate saranno “nude”».


Così, ha affermato Claudio Smiraglia, professore (da poco in pensione) all’Università di Milano considerato il padre della glaciologia moderna e autore del più recente “Catasto dei ghiacciai italiani”, relatore all’incontro al rifugio Castiglioni al Fedaia con Christian Casarotto, glaciologo del Muse, Aldino Bondesan, docente di geomorfologia all’Università di Padova, e Fernando Brunel, presidente dell’Unione di Ladins de Fascia, moderati dal giornalista del Trentino Andrea Selva.


«Non possiamo che restituire questo scenario con i dati in nostro possesso, che nell’ultimo decennio hanno registrato l’accelerarsi della fusione dei ghiacciai, compreso quello della Marmolada: dal 1888, quando sono iniziate le sue misurazioni, ha perso il 70% della superficie originaria», ha continuato Smiraglia. Il professore ha anche indicato i problemi connessi alla perdita delle nevi perenni: riduzione delle risorse idriche, diminuzione delle geo-diversità, pericolosità della montagna e minore attrattiva dell’alta quota. Ma il ghiacciaio delle Regina delle Dolomiti, di cui Fernando Brunel ha ricordato il ruolo nella storia e nella cultura fassana, negli ultimi cent’anni non ha ritirato solo i suoi fronti (centrale, orientale, occidentale) di 350 metri, si è pure spaccato facendo affiorare placche rocciose ed ha anche drammaticamente ridotto il suo spessore.


«Nel 2004 si contava su 40 metri di spessore massimo che oggi si è dimezzato», ha precisato Bondesan che, oltre a elaborare i rilevamenti sui ghiacciai del Triveneto, sta compiendo studi sulla Città di Ghiaccio, ideata da Leo Handl sulla Marmolada durante la grande guerra. Se all’epoca i soldati austroungarici scavarono 12 chilometri di gallerie (che ospitavano oltre 200 militari) fino a 50 metri di profondità, oggi quel che resta della calotta grigia (il colore è dato dal materiale detritico) priva del mantello nevoso va protetta.


Uno dei metodi sono i teli geotessili, utilizzati in Marmolada o in Presena, efficaci secondo Smiraglia. L’altro sono i nostri comportamenti consapevoli verso l’ambiente, che possono incidere sul global warming, tentando di consegnare i ghiacciai alle future generazioni. «L’assenza di ghiaccio non rappresenta solo un danno paesaggistico – ha spiegato Christian Casarotto – ci sono conseguenze idriche (compresa l’acqua potabile) ed energetiche. C’è poi una forte relazione tra il dissesto idrogeologico e la presenza dei ghiacciai che danno stabilità ai versanti. Non da ultimi, vanno considerati gli aspetti economico-turistici delle località dove insistono i ghiacciai».


Elisa Salvi


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