Tradizione e innovazione nel sakè made in Feltre prodotto da Nicola Coppe

Il progetto si è piazzato al primo posto all’Open Startupitalia dell’Università Bocconi di Milano e così è nata una nuona azienda 

FELTRE

Il primo sakè italiano è querese, e porta il nome di Nicola Coppe. Nato in collaborazione con l’ex ricercatore in chimica organica e gastronauta Misal Memeo di Pavia, il progetto del giovane birraio classe 1991 si presenta del tutto innovativo poiché rispetta la tradizionale bevanda nipponica, ma al tempo stesso la fa propria, soprattutto sotto il profilo della lavorazione e degli ingredienti utilizzati. A cominciare dalla differente fermentazione del riso Carnaroli, scelto per dare al prodotto un’impronta qualitativa e italiana: un’operazione che nei mesi scorsi gli è valsa la prima posizione in classifica, tra cento differenti proposte, all’Open Summit Startupitalia dell’Università Bocconi di Milano.

Dal finanziamento ottenuto ne è quindi derivata una nuova azienda, denominata “Riso Sakè”, che avrà sede produttiva a Feltre. «Siamo partiti dall’anima del sakè che è il koji», racconta Coppe, «una muffa che si sviluppa sulla superficie del riso e che funge da traino per la produzione di enzimi, per convertire l’amido in zucchero. Le differenze tra il nostro prodotto e quello orientale sono due: la prima è la volontà di sfruttare solo materia prima nostrana come il riso di Pavia, che abbiamo identificato come il più adatto per essere vinificato. In secondo luogo, uno dei nostri prodotti, il Movat, è ideato mediante un processo tecnologico completamente diverso e rivoluzionario, sul quale, per il momento stiamo mantenendo il segreto industriale, ma che riveleremo a breve, proponendolo come brevetto».

Dal sakè del duo Coppe – Memeo sono infatti sbocciate diverse tipologie di prodotto: l’Hope, l’Harmoniae e il Vero. L’ultimo conserva un’impronta classicheggiante della tradizione, presentandosi con una gradazione alcolica di quattordici gradi da abbinare a piatti di pesce e carne. Nel primo trovano invece spazio i sentori del luppolo, ingrediente amaricante della birra, bilanciato nell’aroma dall’uso di lieviti da American Ipa e, ovviamente, dal koji. Nell’Harmoniae, rimbalzano sul palato le note un po’di entrambi.

«La lavorazione è lunga in termini di ore e particolare», riprende il 29 enne imprenditore, «e richiede impegno e sacrificio. Nel processo di trasformazione il riso che normalmente troviamo a tavola viene sbiancato e perde un 10 per cento del suo peso naturale, che comprende la crusca e le parti più proteiche e lipidiche. Quello per fare il sakè diventa buono dal 60 per cento in giù. La perdita che riscontriamo nella lavorazione la recuperiamo in altri settori, riciclandola ad esempio nella cosmetica e nella zootecnica. Per il sakè serve un riso molto puro, da sbiancare per arrivare così al centro dell’amido».

Le problematiche sorte a livello globale con il coronavirus non hanno rallentato il sogno di Coppe, che, dopo aver maturato esperienza nel settore della birra e della fermentazione, punta a divenire un riferimento anche per la comunità di appassionati di questa antica bevanda, che si potrà acquistare online dalla prossima settimana sul sito www.risosake.com. E per chi volesse gustarlo fin da subito? «Abbiamo aperto un dialogo con l’Enoteca Contemporanea di Paolo Grando a Feltre», conclude, «che servirà il sakè con le ostriche». —

Dante Damin

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Argomenti:sakèfeltre

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi