Tragedia al Lagazuoi Pompanin affranto: «Grande lavoratrice»
Il ricordo di Chiara Brigo precipitata dalla Cengia Martini «L’avrà fatta chissà quante volte, amava la montagna»
CORTINA. «Era una grande lavoratrice. Amava camminare in montagna. È deceduta facendo quello che più amava al mondo». Con la voce rotta dalla commozione Guido Pompanin, titolare del rifugio Lagazuoi ricorda Chiara Brigo che lavorava al rifugio come cameriera ai piani.
Il Lagazuoi, a 2.752 metri di quota, era ormai una seconda casa per la Brigo, residente in provincia di Venezia, a Campolongo Maggiore. Una vita di impegno, per lei che aveva lavorato anche in Tunisia. Lunedì un tragico destino l’attendeva sulla Cengia Martini: un piede in fallo, poi il volo giù per duecento metri. La morte sul colpo.
«Era con noi da otto anni», racconta Pompanin, «ed era una grandissima lavoratrice. Le volevamo bene e per noi avere lei era una sicurezza, perché portava avanti il suo lavoro al meglio, tutti i giorni con una cura estrema. Chi lavora ai piani è meno visibile ai clienti, ma lei si era sempre fatta ben volere dai vacanzieri. I nostri ospiti abitudinari ci hanno mandato i loro messaggi di cordoglio. Tutti apprezzavano la cura che aveva nel suo lavoro».
In rifugio, chi lavora, vive fianco a fianco degli altri dipendenti e dei titolari. Si instaurano rapporti di amicizia che vanno al di là dei ruoli di dipendenti e datori di lavoro.
«In rifugio si lavora assieme ma soprattutto si vive assieme», spiega Pompanin, «e si affrontano tutti i problemi quotidiani e vengono fuori tutti gli aspetti del carattere. Chiara da noi tornava sempre con gioia. Amava le montagne e amava farsi le sue passeggiate. Anche lo scorso inverno, quando aveva male a un ginocchio, non rinunciava alla sua camminata. La tragedia è successa mentre faceva quello che più amava. Deve essere stata una piccola disattenzione. È scivolata su un tratto semplice, che conosceva alla perfezione, che aveva attraversato migliaia di volte. Ala nostra età- dico nostra perché aveva la mia età - non reagisci più con la velocità che avevi a vent'anni, evidentemente non ha avuto la prontezza di evitare la caduta. Ha avuto una sfortuna enorme e ora ci lascia un vuoto enorme. Ha passato la vita a lavorare ed a camminare tra le Dolomiti. Una vita di sacrificio la sua».
Operare in rifugio è sacrificio, perché si sta lontano dagli affetti per giorni interi, si vive in alta quota, e si lavora tanto e Pompanin lo sottolinea a più riprese ricordando l'ottimo lavoro svolto dalla Brigo.
«Chiara mancherà a tutti noi», conclude Pompanin, «sia a noi che qui continueremo a lavorare, ma anche ai tanti escursionisti che qui pernottano per partire per le loro gite o le loro arrampicate. Le stanze del nostro rifugio avranno un sapore diverso senza Chiara, questo è innegabile».
In tanti ieri tra i lavoratori e i vacanzieri del rifugio Lagazuoi sono scesi nella cella mortuaria al cimitero di Cortina per salutare la Brigo. La salma della 61enne era stata rilasciata dalla magistratura già la sera dell’incidente, dopo gli accertamenti svolti dal soccorso alpino della Finanza che è intervenuto con il Cnsas di Cortina. Un metro di sentiero, la larghezza del sentiero dal quale Chiara Brigo è precipitata vicino alle gallerie della Prima guerra mondiale, da 2450 metri circa di quota. La donna nella caduta ha battuto più volte sulla roccia.
(a.s.)
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