Tre condanne per l’amianto alla Turbo

Boschetti e i Genoria non tutelarono la salute dei lavoratori. Pena di un anno più 60 mila euro di risarcimenti e spese legali
Di Irene Aliprandi

PIEVE D’ALPAGO. Condannati a un anno, più 10 mila euro di risarcimento per ciascuna delle parti civili, più le spese legali. È una sentenza che entra nella storia della lotta contro l’amianto, quella emessa ieri dal presidente del Tribunale di Belluno, Antonella Coniglio. A processo c’erano i vertici della Turbo: Giovanni Boschetti, 73 anni, amministratore delegato e direttore tecnico fino al 1990 (difeso da Massimiliano Paniz); Wilmer Genoria, 54 anni, consigliere e amministratore delegato tra il 1990 e il 1995 (Massimo Montino) e Ivan Genoria, 49 anni, consigliere e vicepresidente di Turbo tra il 1990 e il 1994 (Mario Mazzoccoli). I tre erano accusati di lesioni colpose gravi e violazione del decreto 303 del 1956, che attribuisce ai principali, ai dirigenti e ai preposti la responsabilità di spiegare ai lavoratori a quali rischi sono esposti e le relative norme di prevenzione.

Oltre all’Aiea (Associazione italiana esposti all’amianto, avvocato Edoardo Bortoletto) e alla Fiom (Paolo Serrangeli), le parti civili erano quattro ex dipendenti di Turbo, lavoratori affetti da placche pleuriche, rimasti a contatto con l’amianto per oltre vent’anni.

Tre di loro hanno scoperto di essere malati nel 2006 e quindi nei loro casi il reato si è estinto per prescrizione, ma il quarto dipendente è risultato positivo solo nel 2010 ed è proprio nei suoi confronti che gli imputati sono stati dichiarati responsabili.

I fatti contestati a Boschetti e ai Genoria ripercorrono la storia di Turbo spa, azienda di Pieve d’Alpago che realizzava impianti industriali in particolare per le centrali termiche e idroelettriche, tra gli anni ’70 e la metà degli anni ’90. L’amianto era largamente utilizzato alla Turbo e i dipendenti si occupavano anche di smantellarlo, con un’esposizione quotidiana e costante alle polveri di amianto, contro le quali non hanno mai utilizzato alcuna precauzione, tranne le mascherine di cotone, protezione definita inutile dagli esperti. Eppure la pericolosità dell’amianto è fatto noto fin dagli anni ’50, con cenni che risalgono addirittura all’inizio del secolo scorso. La legge che vieta l’uso dell’amianto, però, risale al 1992 e, come ricordato dal pubblico ministero di udienza Sandra Rossi, Turbo ha aspettato fino all’ultimo giorno utile prima di mettere i propri lavoratori in sicurezza.

Le condizioni di lavoro sono state ricostruite durante le conclusioni del pm Rossi e degli avvocati di parte civile, ricordando che Turbo non ha adottato alcun accorgimento, nessuna prudenza, e nessuna attività finalizzata a tutelare i propri lavoratori fino al 1992.

Diversi gli esperti consultati durante il processo, ma accusa e parte civile hanno puntato il dito contro la perizia Cirnelli che, in tre pagine e mezza, ha liquidato le placche pleuriche come un fenomeno che si può collegare all’amianto, ma di per sè non patologico e che non evolve necessariamente in una neoplasia. Una teoria che contrasta con i maggiori studi scientifici e già superata da altre sentenze, tra le quali le più note sono quelle di Palermo e Venezia (Fincantieri). Il pm Rossi aveva chiesto la condanna a due anni e le parti civili avevano chiesto nel complesso risarcimenti per 250 mila euro.

La pena è sospesa per Boschetti e Wilmer Genoria.

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