«Tre euro di spesa con banconota fasulla»

Un negoziante agordino avverte: «Bisogna svegliarsi». L’albergatore di Rocca: «Brava mia moglie»

CENCENIGHE. Un signore distinto. Poteva indossare un cappellino o mostrare la chioma brizzolata, ma aveva modi che non insospettivano i commercianti. Non aveva mai moneta, ma nessuna difficoltà a dargli il resto. Soprattutto d’estate, quando i clienti non mancano e si spera sempre che tornino, magari per una spesa superiore. A Cencenighe, l’avvocato e giudice di pace Florindo Ceccato si era rivolto al negozio di alimentari di Christian De Biasio, che non vende solo quelli, ma ha un’offerta molto variegata: «Noi ci siamo ritrovati con due banconote false nella cassa, ma ce ne siamo accorti sono quando abbiamo portato l’incasso in banca. È stato l’impiegato a farci capire che quella era carta straccia. Che non valeva niente. A quel punto, non potevamo non fare denuncia».

Non bisogna essere per forza degli esperti e, quando i clienti sono tanti, ci può essere anche un po’ di gradita fretta per servirli: «In alta stagione, la clientela è molto numerosa, tra quella abituale e i turisti e non fai nemmeno molto caso a quello che ti danno. Pensi solo a corrispondere il resto. Forse è il momento di svegliarsi e di stare più attenti».

In un hotel di Rocca Pietore, invece, ci avevano fatto caso. Il gestore chiede l’anonimato, ma racconta che «è stata la moglie a rendersi conto che qualcosa non andava in quella banconota tirata fuori per pagare un conto di pochi spiccioli. Aveva avuto la prontezza di chiamare quel cliente e farsi consegnare dei soldi veri».

Dev’esserci stato anche un rimprovero, mentre adesso non si nasconde un certo sollievo per l’epilogo di una vicenda che stava andando avanti da più di un mese e mezzo e potrebbe aver coinvolto diversi altri esercenti della provincia: «Bisognerà vedere se ha agito in solitudine o se alle sue spalle c’è qualcun altro. Verificheremo nell’udienza di convalida, sempre se deciderà di collaborare».

Le scorribande sono finite venerdì mattina, a Valle di Cadore, nel bar La Stua. Dove il legale e giudice di pace ha consegnato l’ultimo pezzo per un altro conto da spiccioli, non sapendo di essere seguito da una pattuglia dei carabinieri in borghese. Lui non se l’aspettava, ma nemmeno i militari potevano immaginare quello che è stato ritrovato dopo, nello studio legale di Spinea. (g.s.)

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