Tre lavoratori: «Vivere coi voucher non è possibile»
BELLUNO. C’è chi li utilizza in attesa di trovare il lavoro della vita, chi invece lo fa per mantenersi gli studi e chi invece ci vive. Ma per tutti la riflessione è la stessa: «Vivere con i soli voucher non è possibile. Non è vita».
I buoni lavoro, entrati quasi in sordina nel mercato del lavoro, nel giro di quattro anni hanno sbancato: in provincia di Belluno sono passati dai 79.802 del 2012 ai 568.422 del 2015.E come i sindacati vanno dicendo da tempo, con il voucher è aumentato anche il lavoro nero. Infatti, il massimo del compenso che il prestatore (cioè il lavoratore) può percepire è pari a 7 mila euro (più di 900 ore a 7,5 €/h). Quindi significa che parte della prestazione viene pagata in nero.
«Ho iniziato a lavorare con i voucher quasi un anno fa», racconta Anna (nome di fantasia per tutelarla), 25 anni, barista, «quando ho lasciato un impiego a tempo indeterminato per andare in un posto dove mi avevano promesso l’assunzione. Dopo 6-7 mesi di buono lavoro, però, mi è stato detto che non sarei stata assunta. A quel punto, per riuscire a portare a casa uno stipendio, ho iniziato a cercare lavoro su lavoro. Ci sono giorni che faccio anche 15 ore, divise tra più luoghi».
Muniti di un’agendina dove appuntare dove è richiesta la loro prestazione e a quale ora, «i voucheristi», spiega Anna, «non hanno ferie, non puoi farti il giorno di riposo, non puoi nemmeno star male perché non sei coperto dall’assicurazione, e per una donna diventa impensabile avere dei figli, perché non c’è la maternità. È una vita a metà, dove ti danni l’anima da mattina a sera girando come una trottola da una impresa all’altra, ma alla fine non hai nulla. Se sei bravo sono in molti a cercarti e così riesci a portarti a casa anche oltre mille euro al mese».
Ma spesso è difficile anche farsi pagare. «Non sempre», prosegue Anna, «le imprese attivano il voucher quando lo utilizzano e così devi metterti d’accordo con le tabaccherie per andare a ritirare i soldi quando saranno disponibili. E spesso, dovendo fare più ore di quelle concordate, ti pagano in nero».
Stessa situazione per Mario, (nome di fantasia), 27 anni, che ha iniziato a utilizzare i buoni lavoro circa due anni fa per sostenersi durante la pratica legale. «Ho lavorato in pizzerie e in bar», racconta, «ma quello dei voucher non è il modo per inserire le persone nel mondo del lavoro, anzi è un modo per togliere ogni problema al datore di lavoro. Molto spesso io lavoro, ma senza voucher, ottenendo il compenso in nero. Purtroppo il sistema è così avviato che accetti la situazione oppure non lavori. E io alla mia età vivo ancora con i genitori perché non sono autonomo».
Ma c’è chi ha scelto di farsi un’esperienza in attesa di trovare il lavoro della vita. È il caso di Maria, 33 anni, che lavora in diversi bar bellunesi. «Non ho problemi a trovare un posto fisso, ma ho voluto prendermi un periodo di pausa per trovare il lavoro giusto. Il voucher, per me, è una sorta di paghetta, come quella che danno i genitori, di certo non ci puoi vivere. Pur avendo molti posti di lavoro, cerco di trovarli vicini, per non spendere per la benzina. Il buono lavoro è un palliativo, ma piuttosto di non avere nulla...».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi