Tre piani di ricordi al museo di papa Luciani

CANALE D'AGORDO. Il cristianesimo non è pura dottrina, “ma amore di Dio per le sue creature”. È questa la verità secondo Albino Luciani, salito al soglio pontificio 38 anni fa . Ieri, al suo paese natale, Canale d'Agordo, l'ha ricordata il segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin, inaugurando il nuovo museo dedicato a Giovanni Paolo I. Un museo che testimonia la misericordia, prima che la dottrina. E proprio così l'hanno concepito la Fondazione Luciani e il Comune di Canale che l'hanno voluto.
Il quaderno di quarta elementare autografo, il libro regalatogli dalla madre Bortola, la valigetta usata in seminario con le sue iniziali, il calice personale, la valigia con cui partì per il Vaticano, i sigilli di piombo del conclave. Questi gli oggetti che susciteranno più emozione tra quelli esposti nel quattrocentesco palazzo restaurato, che si trova vicino alla chiesa del paese, separati da una fessura che dà sul monte Civetta. Da oggi anche gli occhiali di Luciani, raccolti in un cofanetto rosso. Un museo che fin dalle prime tavole testimonia la dura vita della gente di montagna, tra la quale è nato Albino, che la levatrice battezzò sull'istante perché temeva che non resistesse.
Nelle due stanze del seminterrato vengono illustrati la storia e il tessuto culturale della Valle del Biois. Nella prima stanza viene descritto Pieve di Canale, come allora era chiamato Canale.
La seconda stanza è invece dedicata ad alcuni personaggi che nel tempo si sono distinti in campo artistico, culturale e religioso. Tra loro anche lo scultore Augusto Murer. Ad articolare i tre ambienti del primo piano sono la storia di Canale d'Agordo e la vita di Luciani nel suo paese natale, dall'infanzia fino alla sua ordinazione sacerdotale. Al secondo piano vengono raccontati gli undici anni di episcopato nella diocesi di Vittorio Veneto, con l'esperienza del Concilio Vaticano II e i nove anni trascorsi a Venezia come Patriarca, con la nomina a Cardinale avvenuta nel 1973.
In un piccolo locale è ospitata la ricostruzione ambientale del Conclave del 1978 che lo vide salire al soglio di Pietro e nell'ultima stanza rivive il Pontificato di Giovanni Paolo I con tutti i suoi momenti più toccanti, fino alle testimonianze di devozione dei fedeli, che lo ricordano sempre con affetto.
Al terzo piano è possibile approfondire la vita e gli insegnamenti di Luciani, ascoltando i suoi discorsi o rivedendo le immagini originali del periodo del suo episcopato e pontificato. Sentendo quel primo discorso dal balcone di San Pietro di Luciani, mons. Renato Marangoni, vescovo di Belluno Feltre, si è commosso ed ha raccontato. «Il giorno prima, il mio prete della diocesi di Padova mi disse: guardi verrà eletto Papa Gregorio domani. E ha aggiunto: sarà Luciani e prenderà il nome del suo predecessore bellunese Gregorio. Infatti quella sera del 26 agosto 1978 io acclamai non appena in piazza annunciarono Luciani: viva Papa Gregorio, invece era Papa Giovanni Paolo I ma era lui, don Albino come lo chiamano qui».
L'esposizione permanente ha come obiettivo quello di far conoscere la vita, la formazione e l'insegnamento di Papa Giovanni Paolo I, così da descriverne la profonda preparazione culturale, l'attenzione verso i bisognosi, la semplicità, l'umiltà, la trasparenza dell'operato e la grande sensibilità pastorale.
«Per riuscire a raccontare la vita, il percorso culturale e religioso di Luciani e per trasmettere i valori e le opere che lo hanno reso profondamente amato da tutti - spiegano Marino Baldin e Loris Serafini - abbiamo voluto creare un'atmosfera calda e coinvolgente, grazie allo studio di un percorso che non fosse esclusivamente scientifico e didattico, con documenti e oggetti di vario genere, ma che fosse anche emotivamente pregnante con filmati e audio che ripropongono la voce di Albino Luciani».
Non è stato facile aprire questo museo. Ci sono voluti 7 anni di burocrazia, come lamenta il sindaco Rinaldo De Rocco, con non poche difficoltà che hanno inevitabilmente provocato un allungamento dei tempi.
«La storia che qui si vuole raccontare non è un semplice ricordo - sottolinea Marco Arcieri, vicesindaco - del nostro i concittadino, ma ritengo possa evidenziare quanto attuali siano, in questo difficile momento storico, gli insegnamenti di don Albino».
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