Trecentoventi anni per ridare i terreni ai frazionisti di Sossai
Un errore risalente al 1700 nell’intestazione catastale dava diritti di proprietà anche al Comune. È stato risolto
BELLUNO. I terreni dell’ex censuario di Sossai e Caleipo sono dei sossaiesi. Eppure ci sono voluti 320 anni per appurarlo. Ne sono passati, di amministratori, perché si definisse l’antica contestazione dei terreni situati nella Valle di San Mamante. 65 ettari tra Sossai e Caleipo presentano infatti nella visura catastale una dicitura errata: il Comune risulta contestatario, in alcuni casi anche proprietario, di certi terreni. Tutta colpa di un errore, che si è trascinato per secoli e che ha causato non poche difficoltà ai legittimi proprietari.
«Non potevano vendere i terreni, per esempio», spiega l’assessore al Patrimonio, Lucia Olivotto. «Dal 1700 si è trascinato un errore nell’intestazione dei terreni e quindi i proprietari erano vincolati nell’eventuale trasferimento della proprietà. Gli uffici comunali hanno risolto questo errore accertando che il Comune non ha alcun diritto su queste aree». Le quali sono di proprietà dei frazionisti di Sossai, che il 24 gennaio 1928 si sono divisi in parti uguali (un ottantesimo ciascuno) un’area definita “una loro proprietà indivisa”.
Quattro persone allora avevano giurato, davanti alla Regia Pretura del Mandamento di Belluno, che i beni oggetto di divisione descritti al foglio 1° del Censuario di Caleipo e al foglio 3° del Censuario di Sossai del Comune amministrativo di Belluno appartenevano esclusivamente agli ottanta frazionisti di Sossai, per concessione feudale della Mensa vescovile della città, derivante da una scrittura del 24 maggio 1967. La delibera, che sarà portata in consiglio domani, ripercorre l’intera vicenda e rappresenta un piccolo compendio di storia locale.
Oggetto del contendere, per decenni, sono stati 65 ettari nella Val di San Mamante. Terreni che non sono gravati da uso civico, come è stato accertato nel 1994 e nel 2004, a seguito del piano di riordino e accertamento di questa categoria di aree voluto dalla Regione. Si tratta, in buona sostanza, di una antica proprietà collettiva, ma già nel catasto Austro-Italiano veniva indicato il “possesso controverso dal Comune di Belluno”.
Dopo il crollo della Repubblica di Venezia, avvenuto il 12 maggio 1797, l’ex territorio della Serenissima è stato annesso all’Austria. Alla fine del 1805 il Veneto è stato annesso al Regno d’Italia napoleonico e con il Decreto Italico del 25 novembre 1806 sono state soppresse le strutture di appartenenza collettiva. Tutte le comunioni degli “antichi originari”, ovvero le persone che potevano vantare una discendenza sul territorio da tempo immemorabile per una forma molto stretta di jus sanguinis, e le comunità regoliere, che per secoli avevano rappresentato il nucleo elementare della vita comunitaria nell’area bellunese, cessarono di avere qualsiasi valore o riconoscimento formale. Al loro posto vennero istituiti i Comuni o le Municipalità.
Ci furono proteste, la comunità di Sossai si oppose alle pretese del Comune e riuscì a esercitare gli antichi diritti sulle terre contestate. Ma la Municipalità di Belluno continuò a far valere il principio in base al quale tutti i beni amministrati dai corpi degli antichi originari, una volta crollata la Repubblica Veneta, sarebbero entrati nell’amministrazione delle nuove Municipalità. Ecco perché nel Catasto austriaco, diventato poi Austro-Italiano e transitato infine nel Nuovo Catasto Terreni, è rimasta per anni la contestazione. Nemmeno dopo l’atto di divisione dei terreni avvenuto nel 1928 di fronte al notaio Onorato Chiarelli sono mai state aggiornate le intestazioni catastali. L’operazione sarà fatta adesso. A qualche anno di distanza.
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