Tredici nuovi ghiacciai sulle montagne bellunesi
BELLUNO. Rivivere il brivido dell'era glaciale senza uscire dalla provincia. A Belluno si può grazie ai 38 corpi glaciali censiti in Veneto e concentrati principalmente all'interno dei confini provinciali. Ai “big” come la Marmolada, l'Antelao, il Sorapis si sono aggiunti recentemente 13 nuovi glacionevati, cioè dei corpi glaciali di piccole dimensioni e spesso ricoperti da detriti che li proteggono dallo scioglimento.
A scoprirli un progetto di ricerca dell'università degli studi di Milano che vede la collaborazione del Comitato Ev-K2-Cnr e del Comitato Glaciologico Italiano con il finanziamento dell'acqua Levissima. Dopo Lombardia, Piemonte e Abruzzo il team guidato dal glaciologo Claudio Smiraglia ha mappato Friuli-Venezia Giulia e Veneto scoprendo nuovi corpi glaciali mai censiti o considerati estinti.
«Non si tratta di veri e propri ghiacciai» spiega Smiraglia, «ma di glacionevati cioè corpi di dimensioni più piccole e che non sono hanno un trasferimento di flusso. Sono degli embrioni di ghiacciai o forse fenomeni a fine vita. In entrambi i casi è interessante osservarli perché permettono di vedere da vicino e in pochi anni quello che è successo durante l'era glaciale».
Un'opportunità anche per il turismo specie se abbinata ai sentieri glaciologici più noti. Meglio approfittarne prima che scompaiano. Non si arresta infatti il fenomeno dello scioglimento dei ghiacciai veneti, che misurano in media meno di mezzo chilometro quadrato. La loro superficie totale si assesta sui 3.22 chilometri quadrati e rispetto all'ultimo censimento ha registrato un calo di “appena” 26 punti percentuali.
«Un risultato in linea con quello della Lombardia» spiega Smiraglia, «mentre il Piemonte cala del 40% e il Friuli-Venezia Giulia del 50%. Il dato veneto sembra ottimista ma negli ultimi anni i ghiacciai italiani hanno visto un continuo regresso. Gli ultimi due inverni, però, sono stati nevosi e se le estati non saranno torride si potrebbero porre le basi per una maggiore conservazione».
Intanto la ricerca ha permesso di avere un quadro del territorio e di scoprire nuovi elementi fino a prima sconosciuti. «Credo che le nuove tecnologie siano state importanti per scoprire questi corpi spesso nascosti da detriti ma proprio perché si tratta di glacionevati bisogna fare attenzione nel considerare i dati, che sono di massima» continua il professore, «con ulteriori fondi potremmo completare la mappatura con i radar. Intanto, grazie al contributo privato, abbiamo aggiornato il catasto. Ora stiamo preparando un volume con i sentieri glaciologici italiani per far conoscere il nostro patrimonio».
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