Tremila bellunesi abbracciano gli alpini

La staffetta si è articolata in 14 tappe dalle sorgenti del Piave a Valdobbiadene come prologo all’adunata di Treviso

SAPPADA. Almeno tremila bellunesi hanno fatto da cornice alle 14 tappe della “Marcia dei 100 anni”, la staffetta degli Alpini, dalle Sorgenti del Piave ai piedi del Peralba a Valdobbiadene. Era il preludio alla novantesima Adunata nazionale dell'Ana di Treviso. Sebastiano Favero, il presidente delle penne nere non riesce a trattenere le lacrime, come peraltro è accaduto in numerose località del Bellunese al passaggio del testimone di solidarietà e di pace. «Mentre la Francia difende se stessa, andando a votare, siamo noi alpini a difendere l'Italia».

Sorpreso della partecipazione? «Gli alpini non sorprendono più per la loro testimonianza di valori, dalla solidarietà alla pace, passando per la condivisione. Nella memoria, si badi, di quanti si sono sacrificati sul Piave e sugli altri teatri della prima guerra mondiale».

Sono le 6, quando il rifugio alle Sorgenti del Piave apre ai primi drappelli di penne nere. La colazione è abbondante, il freddo pungente (solo 2 gradi). I veci ed i bocia si schierano intorno alla pozza d'acqua, con tanto di stele che ricorda l'inizio del fiume sacro. Ci sono i rappresentanti di tutte le sezioni, sia del Bellunese che del Trevigiano, i vessilli, i gagliardetti. Non mancano vecchi alpini della Julia, che hanno fatto la naia alla Fusil di Sappada; anche da Torino, da Milano, da Bergamo. Le lacrime scendono abbondanti quando alle 6.30 viene suonata e cantata la canzone del Piave. Più abbondanti ancora quando la tromba riempie la valle con il "Silenzio". Perfino le marmotte escono dalle tane ad ascoltare; quassù sono numerose. Alle 7 meno 10 si parte. Una ventina gli staffettisti. Dietro a loro più di un centinaio di alpini. Manca poco alle 8, quando la prima cerimonia commemorativa si tiene al monumento ai caduti di Sappada, con il sindaco Manuel Piller Hoffer. E poi di nuovo via. Le tappe sono a San Pietro, al cimitero monumentale di Santo Stefano, in piazza a Lozzo. E qui la commozione esplode. Ci sono i bambini delle scuole ad attendere gli alpini. Almeno 700 persone. I sindaci ci sono sempre. Con gli alpini, anche i rappresentanti delle altre associazioni d'arma e combattentistiche. Gli uomini della staffetta si danno il cambio, ogni 10 o 15 chilometri, ma c'è anche chi va avanti per quattro, cinque tappe. Fiero si presenta un “vecio” di 86 anni, che a tutti i costi vuol portare il testimone. Si tratta di un’artistica scultura che riproduce una baionetta, dalla quale, però, scaturiscono quattro stelle alpine ed un elmetto. Simboli di guerra? «Semmai di pacificazione», spiega Lino De Pra dell'Ana di Belluno. Si riparte e il gruppo fa tappa a Domegge, poi in piazza a Calalzo, quindi a Pieve. Poi giù, a Castellavazzo, quindi a Perarolo. Tappa anche a Ospitale e non può mancare Termine, quindi Castellavazzo. A Longarone altra cerimonia ufficiale. La staffetta sosta soltanto per una decina, una ventina di secondi, il tempo di fermarsi, di mettersi sull'attenti e di omaggiare i caduti. Da Longarone ci si porta a Polpet, poi a Belluno, al ponte della Vittoria. Il presidente Ana, Dal Borgo, non finisce di ringraziare i suoi. È il pomeriggio inoltrato quando il corteo raggiunge Limana, poi Trichiana, quindi il tempietto di Mel. E ancora: Lentiai, Caorera, Alano, Valdobbiadene. Il Piave compare e scompare, «ma resta sacro» sottolinea De Pra. La giornata si chiude a Valdobbiadene. 352 gli atleti, fino a Cortellazzo, stasera. 27 le tappe. Ben 63 i sacrari, i cimiteri e i monumenti più grandi. «Questa è l'Italia migliore», conclude il presidente Favero, «siamo il popolo dei fatti, non delle chiacchiere. Con i fatti dimostriamo di saper difendere questo Paese».

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