Trentanovi: «Tempi non troppo lunghi»
BELLUNO. Tempi regolamentari. Tifosissimo della Fiorentina e, a sei mesi dalla pensione con i suoi 68 anni, il presidente del Tribunale di Belluno, Sergio Trentanovi rispedisce le accuse al procuratore capo Francesco Saverio Pavone. Per dirne una, le inchieste sono veloci, mentre ci sono 1.500 processi fermi e in attesa di essere fissati? «Non è vero che i tempi dei processi del settore penale sono particolarmente lunghi», sbotta con quell’inconfondibile accento toscano, spruzzato qua e là di veneto. Ma c’è molto altro da dire e spiegare e Trentanovi lo fa con l’entuasiasmo di chi sembra all’inizio della carriera e non alla fine.
400 processi per 186 CdS. L’arrivo a Belluno è del novembre 2010. Il primo provvedimento è legato a un grosso problema diffuso a livello provinciale: «Ho dovuto creare dei binari rigidi, sulla base dei reati che provocano maggiore allarme sociale. L’alcolismo è uno di questi, di conseguenza la guida in stato di ebbrezza, che è punita dall’articolo 186 del Codice della strada. Bisogna considerare che ogni anno abbiamo a che fare con 400 procedimenti, che si chiudono nelle varie fasi, perché qualcuno preferisce patteggiare subito e qualcun altro va a giudizio».
Giustizia a due velocità. La Procura sostiene di metterci tre o quattro mesi al massimo per chiudere un’indagine, il problema diventa anche solo fissare la prima udienza, figurarsi chiudere il processo: «Per fare le indagini, il procuratore e i sostituti hanno una quindicina di addetti di polizia giudiziaria e per fare un’imputazione devono solo applicare l’articolo 415 bis del codice di procedura penale e avvisare l’indagato della chiusura delle indagini preliminari. A quel punto, entra in aula il giudice, che è ignorante, nel senso che deve informarsi su tutti i risvolti dell’indagine, ma non idiota. Io non ci sto a perdere tempo. Sono il primo a chiedere gli atti o di depennare testimoni che non possono aggiungere nulla a quanto già non si sappia. Non manca mai la collaborazione degli avvocati. E attenzione che la prescrizione si può sospendere».
Quanti procedimenti fermi? I numeri sono indiscutibili. Il pm Pavone dice che i casi sono una montagna e sarebbe opportuno cercare di fissare le udienze fino al 2018, anche per chiedere rinforzi al consiglio superiore, viste le carenze di organico del 40 per cento dei magistrati e del 35 del personale amministrativo: «Le richieste di giudizio del pubblico ministero sono state 637 e il dato è aggiornato a martedì. Di conseguenza siamo lontani dal dato che cita lui. Non mi sembra decente arrivare così avanti, se poi è una questione di numeri, ci sarebbero chissà quanti mezzi per renderli più scintillanti, ma si tratta di sistemi delinquenziali, che naturalmente non posso condividere. Tra le mie prerogative, c’è sempre stata quella della trasparenza e della correttezza, ci mancherebbe. Ho anche derogato su me stesso, fissando delle udienze per il 2016, ma perché si tratta di cose importanti e non di altre per le quali i reati andrebbero depenalizzati , velocizzando un po’ tutto».
I giorni necessari. I processi più importanti sono seguiti da un collegio di giudici, mentre quelli meno pensati da uno solo. Nei due casi, quanto ci mettono in media, per arrivare alla sentenza? Visti da fuori, sembra tutto eterno, tra un rinvio e l’altro: «Premesso che GD Consulting ha richiesto 40 udienze, in linea di massima passano undici mesi per il collegio e sei per quello monocratico, fatta la tara dei tempi tecnici».
Gip e gup. Le sigle significano giudice per le indagini preliminari e per le udienze preliminari. Le durate medie delle fasi? «Megli ultimi anni, le uscite sono sempre state superiori alle entrate», spiega Vincenzo Sgubbi, «i numeri sono a semestri: nel 2011, 1019-1454 e 1077-1377; nel 2012, 991-1697 e 761-1190 e nei primi sei mesi del 2012 829-927. Questo significa una diminuzione del lavoro pendente. La durata media è di 78 giorni».
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi