Troppi cervi, chiude “I frutti del sole” di San Gregorio

Pezzino si arrende: «Provincia e Regione si rimpallano il problema, ma la banca pretende la vendita della mia casa»

Un’altra azienda agricola che chiude e un altro pezzo di storia del nostro territorio che se ne va. Mentre Alessandro Pezzino, agricoltore di Roncoi di Fuori, mostra il giardino dell’Eden che era la sua azienda, prima che i cervi lo distruggessero, viene il groppo in gola. Come fare per permettere agli agricoltori biologici di poter continuare a vivere e lavorare nel Bellunese se oltre alle normali difficoltà dell’agricoltura biologica in montagna, al clima sempre più imprevedibile e alla fauna selvatica cresciuta a dismisura negli ultimi anni, si aggiunge anche una politica che fatica a offrire le giuste risposte agli agricoltori locali?


A mettere in crisi l’attività che Alessandro e sua moglie sono riusciti a chiudere il 18 febbraio dopo cinque anni di attesa per i tempi minimi del Piano di sviluppo rurale, infatti, più che la devastazione delle colture di piccoli frutti come ribes, mirtilli e more da parte di un branco di circa trenta cervi insediatosi nei boschi vicini, è stata la poca tutela da parte delle istituzioni verso i produttori locali, come denuncia da tempo lo stesso proprietario. «L’ultima stima parla dell’80% di danni alla produzione», spiega Pezzino, «nel ’96 ci siamo stabiliti nella casa che apparteneva alla mia famiglia da 250 anni e nel 2003 abbiamo aperto l’azienda “I frutti del sole”».

Qualche anno più tardi decidono di costruire un laboratorio in bioedilizia, alimentato da fonti rinnovabili, per la trasformazione della frutta in marmellate e succhi; per farlo Alessandro si rivolge a una banca nel momento più duro della crisi ed è costretto a fornire delle garanzie molto importanti. Nello stesso periodo, i cervi che porteranno alla rovina il duro lavoro della famiglia, cominciano a stanziarsi in zona. «Ho denunciato subito la situazione alle autorità, trovando l’appoggio di molti, in particolare del sindaco Mirco Badole», spiega Alessandro, «anche l’assessore regionale Giuseppe Pan è venuto a constatare di persona i danni subiti, che sono stati calcolati in oltre 70 mila euro».

Alla piccola azienda viene riconosciuto un risarcimento di 4 mila euro, ben poca cosa rispetto ai danni subiti, in più, diverso tempo dopo, da una rilettura delle carte, ci si accorge che il risarcimento sarebbe dovuto essere il doppio della cifra. «Forse se mi avessero dato tutti i soldi che mi spettavano, avrei potuto recintare in modo più sicuro le coltivazioni, invece i danni dei cervi sono continuati negli anni. Ora non intendo più elemosinare da nessuno».

L’agricoltore cerca ancora un interlocutore che possa aiutarlo a risolvere la situazione: «Si rimpallano il problema tra Provincia e Regione senza sosta per via della competenza sulla caccia, ho chiesto un colloquio con il presidente Padrin oltre un mese fa senza ricevere risposta. Ora la banca, che non vuol sentir ragioni, pretende la vendita della casa che ha visto crescere generazioni intere di miei famigliari per pagare il mutuo».

La questione della gestione della fauna e del territorio, sottolinea Pezzino, è politica e il fatto di non volerla affrontare seriamente mette a rischio non solo le aziende, ma il futuro stesso del Bellunese. 

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi