Troppi ungulati, la Provincia vuole abbatterne il 20% in più
Aumento del 20% dei prelievi delle femmine di cervo di un anno e incremento del periodo di abbattimento, a partire da quest’anno. La crescita esponenziale della fauna selvatica sta diventando un problema serio per le attività agricole in montagna. Per questo motivo la Provincia, insieme alle associazioni agricole e venatorie e ai distretti venatori bellunesi, ha istituito il cosiddetto Tavolo verde, dove poter analizzare le criticità dovute all’interazione tra animali selvatici e attività agricole. Lo scopo è predisporre delle proposte gestionali che la Provincia si impegna ad approvare.
Il problema ungulati
In provincia ci sono 10 mila cervi, un 5% in più rispetto al dato pre Vaia. «Questo significa che la tempesta di fine ottobre non ha inciso per nulla sul numero della popolazione selvatica», commentano Alberto Colleselli, presidente di Federcaccia Belluno, e Stefano Vendrami, faunista di palazzo Piloni. Ci sono anche 13 mila caprioli, 7 mila camosci e 2.200 mufloni. «Impossibile, invece, conoscere ll numero di cinghiali. L’unica cosa che sappiamo è che nel 2018 in provincia ne sono stati abbattuti 460», snocciola le cifre Vendrami.
Ecosistema danneggiato
«La fauna selvatica inizia a essere troppo numerosa per riuscire a conservare l’equilibrio con l’ecosistema. Gli animali danneggiano le attività umane come l’agricoltura e l’allevamento», precisa il consigliere provinciale delegato alla caccia Franco De Bon, che poi sottolinea: «A oggi sono stati rimborsati oltre 150 mila euro agli agricoltori, un terzo dei danni riscontrati. Ma molti preferiscono non denunciare, visto che le pratiche sono troppo farraginose e i risarcimenti poco consistenti. E non dimentichiamo i 400 incidenti stradali causati dai selvatici». «La presenza eccessiva di cervi sta mettendo a rischio anche l’ecosistema in Cansiglio, dove stanno scomparendo alcune specie come i galli cedroni», evidenzia ancora Colleselli.
Emergenza boschi
Problemi anche per la sistemazione dei boschi distrutti da Vaia: «Ricordiamo che con questo numero di animali selvatici la ricostituzione dei boschi schiantati da Vaia sarà pressoché impossibile», ha evidenziato Paolo Zanetti, comandante dei carabinieri forestali del Bellunese. «L’impatto della fauna selvatica sul patrimonio forestale è indubbio», prosegue Zanetti. «Dopo lo schianto di Vaia, la normale rinnovazione, sia naturale che artificiale, potrebbe essere compromessa, visto che i boschi danneggiati sono ubicati nelle zone a sud, luoghi privilegiati per lo svernamento degli ungulati, dei cervi in particolare, che si nutrono di germogli proprio durante l’inverno».
la soluzione
Ecco quindi la necessità di correre ai ripari. «E non solo per garantire le attività umane», come ribadito dal rappresentante di Coldiretti, Michele Nenz, «ma anche per tutelare la biodiversità e le altre specie animali e vegetali». «Quello che intendiamo fare», conclude De Bon, «è gestire la presenza di questi animali, perché non diventi ingestibile a causa della loro crescita esponenziale. Ricordiamo che un cervo mangia in un giorno 15 chili di foraggio. A oggi abbiamo potuto allungare il periodo del prelievo dalla terza settimana di agosto fino a metà settembre e poi da novembre fino al 31 gennaio, presenteremo all’Ispra (l’istituto per la protezione e ricerca ambientale) la richiesta di aumentare del 20% la percentuale dei prelievi, così da iniziare il percorso di riequilibrio». —
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