Tumori, nuove tecniche in arrivo
BELLUNO. Migliorare la tecnica di intervento sul linfonodo sentinella nelle diagnosi di cancro alla mammella. A questo puntano il primario di chirurgia dell'ospedale di Belluno, Fabio Ricagna, e l'Usl 1 per dare un nuovo input al reparto e migliorare l'operazione.
Linfonodo sentinella. Attualmente, durante un intervento al seno viene prelevato il linfonodo sentinella e inviato all'anatomia patologica, ma le analisi durano circa una decina di giorni. «Si può introdurre una tecnica estemporanea per cui nel linfonodo si ricerca quella proteina che identifica le cellule in metastasi: un'analisi che avviene in mezz'ora tramite delle indagini di biologia molecolare e che permetterebbe al chirurgo di intervenire subito sulla paziente ancora sul tavolo operatorio. Si tratta di una tecnica costosa, per questo motivo servono risorse, che la direzione strategica sta cercando di trovare», dice il direttore dell'unità operativa, che anticipa: «Presto alcune pazienti dal nostro ospedale verranno operate ad Agordo o a Pieve di Cadore, come peraltro succede già, ma anche i medici ruoteranno nelle tre strutture».
Ogni anno, il reparto esegue un migliaio di interventi: 800 di chirurgia maggiore su patologie neoplastiche (colon, retto, mammella), 200 minori in day hospital o day surgery. «I bellunesi sono una popolazione di anziani e di persone trascurate, che abitano da sole, con i figli lontani; logico che arrivino da noi con patologie in uno stadio avanzato. Ad oggi», dice il primario, «i casi meno gravi (un centinaio l'anno) vengono dirottati ad Agordo e a Pieve, in attesa di poter creare un’unica équipe. Questo porterà dei vantaggi per tutti, perché potremo espandere le nostre potenzialità. Per il resto cerchiamo di operare nei casi più semplici con procedure mini invasive, cioè in laparoscopia».
La donazione. E proprio per agevolare questa procedura, ieri mattina il Comitato prevenzione Salute donna ha donato al reparto di chirurgia una telecamera full Hd completa di testina, del valore di 20 mila euro. Un aiuto che si aggiunge agli oltre 150 mila euro in materiale medicale donato negli anni precedenti sempre dal comitato.
«Operare in laparoscopia permette al paziente di riprendersi in pochi giorni e di restare in ospedale dalle 24 alle 48 ore, garantendo anche all'Usl dei risparmi. Ma la vera frontiera per la chirurgia è la multidisciplinarietà», conclude il primario. «In poche parole, il caso non è più solo responsabilità del chirurgo ma di un’équipe formata anche da oncologi e radioterapisti; un’équipe che, dopo aver valutato la situazione, deciderà come intervenire sul paziente. Una cosa ben diversa da ciò che accade attualmente, con i casi di tumore che vengono trattati in più step: prima si riduce la massa tumorale tramite radioterapia o chemioterapia, poi si procede all’intervento chirurgico vero e proprio». (p.d.a.)
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