Tutti i personaggi della lunga vacanza tra le Dolomiti

Andrich.
Il vescovo di Belluno-Feltre, mons. Giuseppe Andrich, ha ottenuto dall’organizzazione vaticana e da quella trevigiana ciò che i bellunesi ed i cadorini si aspettavano dalla vacanza di questo papa: un’attenzione specifica anche per loro. C’era infatti il rischio che il soggiorno fosse treviso-centrico. L’Angelus in piazza a Lorenzago, l’incontro dei preti ad Auronzo, il concerto dei cori in castello ha avuto una precisa impronta bellunese.

Bratti.
Don Giuseppe Bratti è stato il “portavoce” del Vaticano in questi giorni di vacanza. Ha svolto egregiamente il ruolo che gli era stato affidato: non svelare nulla. Magari controvoglia, perché lui stesso sapeva che i giornalisti già tutto sapevano di quanto lui non era nelle condizioni di rendere noto.

Costola.
Il primario del Suem, Angelo Costola, si è fatto in tre: coordinando il servizio sanitario, comportandosi da lorenzaghese, e quindi “svelando” quanto poteva conoscere da lorenzaghese, e vestendo i panni dell’amministratore. Senza mai tradire la privacy e la deontologia professionale, ha riferito (e tranquillizzato) sul carabiniere colpito da una scarica di fulmine, sulle condizioni di Berto Luciani, sulla ricognizione dell’elicottero notturno.

De Bernardin.
Dalla gestione della sicurezza a Lorenzago si capisce perché la dottoressa De Bernardin ha meritato la promozione. Ha infatti governato più di 200 tra poliziotti, carabinieri, finanzieri, forestali senza dare assolutamente l’impressione che il paese di Lorenzago fosse sotto assedio. Non uno screzio è intervenuto, come invece è accaduto tra la popolazione, gli operatori dell’informazione e la gendarmeria vaticana. Con saggezza De Bernardin ha promosso la compartecipazione delle diverse forze ai diversi servizi.

Escursioni.
De Nicolò, il Corpo forestale dello Stato, i Servizi forestali della Regione sono stati i primi collaboratori del Vaticano per queste vacanze del papa. Gli uomini di De Nicolò e di Munari nutrono un pizzico di delusione, anche se non lo ammettono: avevano preparato dei sentieri d’alta montagna per Benedetto XVI, davvero panoramici. Il papa ha preferito rimanere in valle.

Fontanive.
Lino Fontanive è l’ex pescivendolo del Cadore che ha avuto la fortuna di avere in casa, pardon in baita, il papa a Stabie. «Qui è un paradiso», gli ha riconosciuto Ratzinger che da Fontanive è stato addirittura abbracciato e accarezzato sulla schiena. Per farsi raccontare questa singolare esperienza basta salire sul monte Rite, dove Fontanive dà una mano al Rifugio Dolomites. La seggiola in legno che si trova all’esterno della sua baita ha offerto sollievo non solo a Ratzinger, ma anche a Wojtyla. Fontanive la custodisce come una reliquia. Chissà se accetterà la proposta di portarla al museo di Wojtyla a Lorenzago?

Giani.
Si sono arrabiati, quelli della Gendarmeria vaticana, perché abbiamo scritto che la popolazione si lamentava del fatto che transitavano a velocità eccessiva per Lorenzago e soprattutto rendevano invisibile il papa. Bisogna riconoscere che la sera stessa in cui l’articolo è uscito, Benedetto XVI, che pure desiderava l’incontro con la gente, si è fermato a lungo a Vigo di Cadore, per visitare la chiesa di Sant’Orsola, ed ha avuto l’opportunità di un contatto con residenti e villeggianti a Lorenzago, poiché il corteo si è fermato ripetutamente. Molto apprezzata la cortesia del comandante Giani, meno la scortesia di qualche suo uomo che è arrivato a minacciare una troupe Rai.

Incendio.
Chi si ricorda più l’incendio all’ex sede della scuola materna? E’ esploso nei primi giorni di vacanza del papa. I primi ad intervenire sono stati i vigili del fuoco volontari. Davvero provvidenziali. Il Comune ha assicurato una rapida ristrutturazione.

Lombardi.
Padre Federico Lombardi è il direttore della sala stampa vaticana. Ha commentato in tivù la vacanza del papa, a margine degli Angelus. Ha fatto una sintesi puntualissima per i giornalisti di un’ora e tre quarti di conversazione tra Benedetto XVI e 450 preti, ad Auronzo. Si è rivelato uomo di compagnia ed appassionato di canti popolari, come l’hanno potuto “sperimentare” quanti hanno partecipato ad un incontro in baita a Lorenzago, a base di squisita porchetta.

Mazzocato.
Mons. Andrea Bruno Mazzocato è il vescovo di Treviso. Ha il merito di aver fatto pressing per portare Benedetto XVI a Lorenzago e di aver sostenuto l’onere maggiore. Complessivamente la vacanza del papa può essere costata intorno al milione di euro (senza contare le spese della sicurezza). Ma gran parte di questo investimento resta a Lorenzago, che si è presentato come un salotto. «La promozione internazionale che il Veneto ha ricevuto», afferma l’assessore De Bona, «sarebbe costata 10, forse 20 volte di più».

Nonni.
Nonni con bambini. A cominciare dall’assessore Giuseppe Trucco di Lozzo. Queste le figure che Benedetto XVI ha trovato più frequentemente nelle sue passeggiate. Nonni che, come nel caso di Trucco, sono anche amministratori pubblici che vorrebbero assicurare all’illustre ospite di ricordarlo attraverso targhe o qualcosa di simile. «No, no, lasci stare», si è sentito dire Trucco dal papa.

Ospitalità.
Più ospitali Lorenzago ed il Cadore della Valle d’Aosta? Negli ambienti vaticani non vogliono ovviamente fare paragoni, ma si sa che il papa ed i collaboratori hanno apprezzato moltissimo l’ospitalità loro offerta. Perché attraversata spesso dall’entusiasmo. Una scossa che ha fatto triplicare le presenze turistiche in Centro Cadore.

Parroci.
Schivo il parroco di Lorenzago, don Sergio De Martin, che ha ricevuto un migliaio di richieste, anche le più strane, di persone che desideravano incontrare personalmente il papa. Determinato il parroco di Vigo di Cadore, don Andrea Constantini, nel cercare l’occasione per portare il papa alla Chiesa di Sant’Orsola. Ancora con l’emozione addosso i parroci di Auronzo e di Danta per la visita di Benedetto XVI. Visite che in qualche caso venivano annunciate solo 20, 30 minuti prima. Come è accaduto a Lozzo di Cadore, dove il parroco ha consegnato le chiavi della Madonna di Loreto, ma rinunciando all’appuntamento col papa perché allo stesso orario aveva la messa da celebrare.

Quotidiani.
L’edicolante di Lorenzago ha lavorato in tre settimane come per tutto l’anno. Nel senso che Ermagora Costola, questo il suo nome, si alzava alle 5 del mattino per preparare la distribuzione dei giornali. L’assalto avveniva ancor prima delle 7, a cominciare dalla predisposizione delle mazzette per il papa e la gendarmeria, ovviamente distinte. Una decina di quotidiani, a cominciare dai locali, letti attentamente dal segretario di Benedetto XVI, don Georg, e dal capo delle guardie vaticane, Giani.

Reporter.
I giornalisti hanno ricevuto eccellente accoglienza, ma in taluni casi hanno avuto la sensazione di essere considerati e trattati solo dei “rompi”. Sono stati immotivamente esclusi da appuntamenti che non erano assolutamente privati, come il concerto dei cori o l’incontro con il consiglio comunale o quello con i sindaci del Cadore. Di cui, comunque, hanno riferito. E di cui i protagonisti avevano piacere che si riferisse.

Segretario.
Mons. Georg, il segretario del papa. E’ stato fotografato quanto il suo “principale”. Come pure l’autista del papa. Don Georg ha avuto parole straordinarie per l’ambiente di Lorenzago e del Cadore. Ha dichiarato di essersi trovato in presenza di una sinfonia musicale, tra casa, montagne, boschi, paesi, laghi, valli. Lui avrebbe desiderato portare Benedetto XVI in vacanza in Germania. Lorenzago lo ha apprezzato per il messaggio del papa portato al concerto a lui dedicato in occasione di San Benedetto. Qualche vaticanista l’ha tradito svelando, seppur molto parziamente, i contenuti di una cena “riservatissima” svoltasi a Laggio di Cadore, in cui don Georg aveva dato l’impressione di essere insofferente dei vincoli ritenuti eccessivi della sua vita in Vaticano; l’impossibilità, ad esempio, di andare a sciare. In un’intervista ad un quotidiano tedesco, rilasciata in questi giorni, don Georg afferma che è saggio contrastare l’Islam in Europa (all’opposto, invece, si è pronunciato il papa ad Auronzo) ed ammette di ricevere “di tanto in tanto” lettere a’amore. Neppure una virgola, invece, sull’assistente di camera del papa a Lorenzago, Angelo Gugel, trevigiano di Miane. E’ in pensione, ma ben volentieri ha sostituito il suo... sostituto

Tremonti.
Quasi una saga, quella dei Tremonti. Mario Tremonti è il sindaco di Lorenzago. Ha protestato perché in un libro fotografico curato dalla parrocchia il suo predecessore, Nizzardo Tremonti, è stato immortalato da ben tre foto, lui da nessuna. Eppure le prime due volte di Wojtyla l’avevano visto come protagonista. Si è fatto in quattro, comunque, per l’accoglienza del papa. E’ soddisfatto per il sostegno di tutta la giunta. L’assessore Rocchi distribuisce perfino le corone del rosario. L’ex sindaco Nizzardo Tremonti, una vera risorsa, ha organizzato il ricordo di don Sesto Da Pra, il mitico parroco di Lorenzago. Ha stigmatizzato l’abbandono da parte del sindaco della serata di presentazione del libro fotografico su Lorenzago. Giulio Tremonti, l’ex ministro, ha partecipato all’Angelus a Lorenzago, ha chiesto una corona del rosario, ha esposto la bandiera americana. Giuliana Tremonti ha avuto la (s)fortuna del palco del papa sotto i balconi di casa per l’angelus del 22 luglio. A decine i Tremonti che hanno incrociato il papa in passeggiata.

Ultimi.
E’ proprio vero che gli ultimi saranno i primi. Prendiamo Alviano, “il Paolini del Cadore”. Si è fatto notare per il suo abbigliamento e per l’intraprendenza. Era l’ultimo a sapere dove il papa si recava in passeggiata. L’ha sempre intercettato e, spesso, salutato. Silvano Dolmen di Vigo era l’ultimo ad essere informato da giornalisti sulle uscite di Benedetto XVI, era il primo a dare i suggerimenti sulle destinazioni. Gli Schiavinato con casa all’incrocio della seconda salita al Mirabello: erano gli ultimi a veder rincasare Benedetto XVI, ma i primi a vederlo uscire. E lo facevano sapere.

Volontari.
Un nome per tutti. Marco D’Ambros. Dalla parrocchia, al campanile, al museo, Marco e i suoi amici hanno garantito l’animazione del paese in questi giorni. Gestendo il museo, preparando le cerimonie in chiesa, suonando a mano il “campanoto”. Insieme a loro va citata la “Schola cantorum” che si è prodotta in decine di esibizioni. Un po’ delusi, quelli del museo, per la mancata visita del papa. E fa sorridere la motivazione di taluni: nel museo di Wojtyla manca una foto di Ratzinger. Ci sono però le medaglie coniate per l’occasione da Massimo Facchin.

Zandegiacomo.
Bruno Zandegiacomo è il sindaco di Auronzo. «E’ stato un grande onore avere in visita ufficiale un papa. E insieme a lui due vescovi e 450 preti». Soddisfatti, comunque, lo sono tutti i sindaci del Cadore. «La vacanza del papa», afferma il presidente della Comunità montana, Flaminio Da Deppo, «si è rivelata una straordinaria iniezione di fiducia».

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