Uccise don Cassol: respinta la richiesta di patteggiamento

BELLUNO. «Pena troppo bassa». Per questo motivo, il pubblico ministero ha respinto la richiesta di patteggiamento a 13 mesi per i reati di omicidio colposo, omissione di soccorso e caccia abusiva all'interno di un'area naturale protetta del Parco Nazionale dell'Alta Murgia da parte del legale di Giovanni Ardino Converso, l'operaio di Altamura, 54enne, reo confesso dell'omicidio di don Francesco Cassol. È la seconda volta che la richiesta viene respinta dopo che già all'udienza preliminare del 26 giugno scorso lo stesso pm non aveva prestato il proprio consenso al patteggiamento a 12 mesi.
Ciò significa che per l’uomo che due anni e mezzo fa uccise il parroco di Longarone vi sarà un processo in rito ordinario, senza sconti di pena, nella sezione staccata di Altamura del tribunale di Bari. La prima udienza del processo è stata fissata per fine aprile quando saranno sentiti i testi della pubblica accusa: in particolare la polizia giudiziaria che si occupò delle indagini ed il medico legale che effettuò l’autopsia sul corpo di don Cassol.
La famiglia di don Francesco si è costituita parte civile con gli avvocati Roberto Cociancich e Andrea Marini, del foro di Milano. Al processo si è anche costituito parte civile il Parco Nazionale dell'Alta Murgia.
Il fatto di cronaca risale alla notte del 22 agosto 2010. Don Francesco Cassol, allora parroco a Longarone, si trovava nella Murgia barese per un raduno di preghiera e digiuno Goum quando, quella notte, fu ucciso con un colpo di fucile all'addome. Due giorni dopo il delitto Giovanni Ardino Converso confessò, dicendo di aver sparato perché pensava che la sagoma del prete fosse quella di un cinghiale. È questa la tesi difensiva dell'uomo, che è stata portata avanti dal legale dell'imputato fin dalle prime fasi dell'inchiesta. Dall'inchiesta non sono emersi finora particolari che facciano pensare che Ardino Converso non si trovasse da solo quella notte, nella Murgia. La tesi difensiva punta sull'errore: Ardino era lì per cacciare i cinghiali, e non si è accorto che stava sparando ad un essere umano. Inoltre, secondo l'avvocato Raffaele Emilio Padrone, «nulla dava a pensare che fossero persone, perché non avevano montato una tenda, non c'era una luce». Converso deve rispondere di tre reati. Omicidio colposo, per aver ucciso don Cassol, scambiandolo per un cinghiale, all'interno del Parco nazionale dell'Alta Murgia. Omissione di soccorso, perché dopo essersi accorto di aver colpito un uomo, invece di un cinghiale, ometteva di prestargli soccorso, dandosi alla fuga. Caccia abusiva, per averla esercitata all'interno di un'area naturale protetta.
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