Un docufilm di Matteo Scialpi sulla strage di Codevigo prima puntata tra mille difficoltà

La querelle sulla strage di Codevigo si sposta al Lido di Venezia, dove, finalmente, Matteo Scialpi, titolare dell’omonimo studio di produzione, rivela al pubblico un estratto di 5 minuti del suo docufilm “1945. La resa dei conti. Codevigo. L’eccidio”, firmato insieme ad Alex Luria. Si tratta del primo capitolo di una serie di 4 puntate che ripercorrono altrettanti eventi luttuosi che hanno segnato la storia e la coscienza del Veneto. L’eccidio di Codevigo rappresenta una pagina di storia controversa: la ricostruzione dei fatti del maggio ’45 (quando il gruppo di combattimento “Cremona” e i partigiani di Arrigo Boldrini si fecero giustizia o si vendicarono dei fascisti, eliminandone almeno 136) è stata oggetto di manipolazioni a destra e a sinistra, non solo sul piano politico, ma anche su quello cinematografico. Da una parte l’Amministrazione Comunale e il regista Antonello Belluco, che autorizza e progetta un’opera di fiction ambientata in quei giorni; dall’altra, Scialpi e lo storico Lino Scalco che lavorano ad un documentario non “di regime”, come sotto sotto lo definiscono, con l’ambizione di ottenere un riconoscimento storico-scientifico dell’opera. Perché tutto questo ostracismo, perché la verità si impantana ancora nella melma di reciproche accuse, di definizioni contestate (fascisti vittime innocenti o con le mani sporche di sangue?), di approcci basati sulla convenienza politica? Matteo Scialpi ha la sua spiegazione. «La guerra non è ancora finita per Codevigo, dove convivono ancora vittime e carnefici. Riportare a galla i fatti del ’45 significa gettare sale su ferite ancora aperte. Senza dimenticare che c’è ancora un paesano ricercato dal Tribunale dell’Aia per crimini contro l’umanità». Quello che ho cercato di dire nel documentario è che l’equazione partigiani/carnefici, fascisti/vittime è priva di un oggettivo riscontro. Ci sono documenti e testimonianze che dicono il contrario. I morti di Codevigo non erano tutti innocenti. Sull’argomento anche la cultura di sinistra ha le sue colpe: è stato un grave errore lasciare alla destra il compito di chiarire tutte le responsabilità dell’eccidio, senza contribuire a spiegare i fatti e a individuare i numeri della strage». E poi c’è l’altra Codevigo, quella di Belluco, regista di esperienza con un passato tra le fila di Alleanza Nazionale. «Non voglio entrare nel merito del suo lavoro», confida Scialpi «Credo, però, che il suo progetto non sia storico. Avrebbe potuto ambientare la sua vicenda ovunque». E se da un lato l’Amministrazione di Codevigo si è tenuta ben lontana dal progetto Scalco/Scialpi, preferendogli la fiction di Belluco, dall’altro la Regione Veneto ha comunque finanziato il documentario, la cui sorte è incerta. Scialpi alza gli occhi al cielo: «Se non mi mettono ancora i bastoni fra le ruote, qualche speranza che il nostro lavoro non venga proiettato solo nei circuiti clandestini c’è». La sensazione, però, è che prima di vedere gli altri 55 minuti del docufilm passerà ancora molto tempo. Codevigo, dicono, non è ancora pronta.
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