Un gatto selvatico ripreso sul Visentin: ce ne sono trenta

BELLUNO
Sono circa una trentina i gatti selvatici presenti lungo la dorsale delle Prealpi bellunesi, dall’Alpago al Monte Grappa. A rivelarlo è Marco Catello, biologo bellunese ma di stanza in Germania esperto in felini selvatici, dopo la pubblicazione di un video realizzato da Antonio Galletti sul Visentin. Una delle venti fototrappole sistemate da Galletti lungo le Prealpi per monitorare i lupi, infatti, ha ripreso un bellissimo esemplare di gatto selvatico aggirarsi nel suo habitat ideale, cioè quello del bosco misto tipico prealpino.
«Studiamo il gatto selvatico in questa zona dal 2015 con il sistema delle fototrappole», spiega Catello. «Riconoscere i vari esemplari non è difficile, perché i gatti selvatici hanno marcature particolari nel mantello che permettono di distinguerli e agevolano il loro censimento con il calcolo della densità in una determinata zona». Gli studiosi dei felini hanno trovato una valida collaborazione dall’associazione “Io non ho paura del lupo” di cui fa parte Galletti, e dalle immagini riprese “per sbaglio” dalle loro fototrappole.
Successivamente, però, è stato condotto uno studio più approfondito che mirava anche ad un’indagine genetica: «Si tratta del primo studio di questo tipo condotto nel Veneto. Abbiamo sistemato alcuni pali di abete grezzo alti una sessantina di centimetri e impregnati di tintura di valeriana. Ai gatti piace molto e vanno a strusciarsi sul palo lasciando dei peli che rappresentano campioni preziosi per le indagini genetiche. Inoltre vicino ai pali abbiamo installato delle fototrappole per associare l’immagine del felino a ciò che sappiamo di lui. È un progetto pilota molto innovativo e l’esito dello studio è già in fase di pubblicazione».
Ciò che si rileva è che la popolazione bellunese di gatti selvatici è vitale, si riproduce con successo tanto che è stato possibile riprendere anche dei cuccioli in due occasioni. «È difficile dire quanti sono con precisione», dice ancora Catello, «ma tra la Faverghera e Canal di Limana sono almeno quindici, trenta se consideriamo tutta la dorsale ma la specie è così elusiva che potrebbero essere molti di più. Inoltre i gatti selvatici si trovano anche sul versante opposto, cioè nel Parco nazionale delle Dolomiti Bellunesi e i cambiamenti climatici li spingono sempre più a nord».
La presenza dei gatti selvatici fu documentata dal naturalista bellunese Tommaso Catullo nell’800 ma come tutti i carnivori furono perseguitati fino a scomparire a cavallo tra l’800 e il 1900. Il loro ritorno risale agli anni ’60 dalla zona del Carso e gli avvistamenti (più che altro investimenti automobilisti) sono datati 1983, 2002 e 2013 tra l’Alpago e il Longaronese, dopodiché le tecnologie hanno aiutato in un monitoraggio più costante che conferma il ritorno ormai stabile della specie. Diversamente dai gatti domestici, i selvatici si riproducono solo una volta all’anno (a meno che la cucciolata non muoia) e vi è un’alta mortalità dei cuccioli quando iniziano a staccarsi dalle madri dopo i sei mesi.
Le cucciolate nascono tra fine aprile e i primi di maggio e uno dei problemi più studiati riguarda l’ibridazione con i gatti domestici, che in alcune zone è davvero frequente, tanto da mettere a rischio la specie come in Scozia dove il gatto selvatico è dichiarato estinto. In Italia, come in Germania, l’ibridazione sembra trascurabile, ma in altre zone d’Europa come Svizzera e Francia raggiunge il10%.
«La pandemia da Coronavirus ha limitato molto anche le nostre ricerche», conclude Catello, «ma ora possiamo finalmente ricominciare». —
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