Un patrimonio di libri e foto per ricordare la Resistenza «Così si tiene viva la storia»
BELLUNO. Sul periodo storico legato alla Resistenza non esiste ancora una memoria condivisa. E troppo spesso agli eventi a essa connessi viene dato un significato solo politico, dimenticandone invece il senso profondo.
Proprio per questo è necessario continuare a ricordare, anche a 70 anni di distanza.
Ne sono convinti Paola Salomon ed Enrico Bacchetti, presidente e vice presidente dell’Isbrec, Istituto storico bellunese della Resistenza e dell’età contemporanea che, con i suoi quasi 30 mila volumi, è tra gli organismi più “anziani” d’Italia a occuparsi del momento storico legato ai fatti accaduti tra il 1943 e il 1945, e non solo.
«È giusto ricordare e celebrare il 25 aprile perché è attraverso il ricordo che si tiene viva la storia», commentano la Salomon e Bacchetti.
«La festa della Liberazione è stata messa spesso “sotto attacco” ed etichettata come evento “di sinistra”. In realtà è un fenomeno trasversale, che ha coinvolto esponenti di diverse parti politiche. Su questo aspetto continuano però a esserci forti fratture. Invece, se vogliamo dare alla parola “resistenza” un significato, dobbiamo capire cosa ci sta dietro e quali sono i suoi valori».
E la Resistenza, in primis, è stata difesa di valori democratici, libertà di opinione ed espressione, giustizia.
«In sostanza, dei valori che hanno fondato la Costituzione», dice ancora Bacchetti, «e che non sono stati mai completamente realizzati. Oggi ancora meno: proprio per questo bisogna ricordare».
E per mantenere la memoria l’Isbrec, nato nel 1965, si rivolge in modo particolare alle scuole. «Garantire il passaggio di consegne è fondamentale», mette in risalto la Salomon, «anche perché la scuola non affronta le fasi legate all’età contemporanea, spesso perché manca il tempo materiale. Educazione civica e diritto, purtroppo, sono diventare materie “damigelle”».
Le parole d’ordine dell’attività dell’Isbrec sono ricerca, cura (della memoria in sé e della memoria di persone e materiali) e, appunto, didattica. Su questo fronte, sono state recentemente ricostituite la Commissione didattica e quella scientifica.
«Le iniziative portate avanti con gli istituti scolastici abbracciano tutta la storia contemporanea», fa presente Bacchetti, «anche su tematiche non strettamente connesse alla Resistenza, ma che ne costituiscono un frutto. Uno degli ultimi progetti è stato rivolto agli insegnanti e ha riguardato la violenza nazista».
Per il 70° anniversario della Liberazione, l’Isbrec sta lavorando da tempo ad alcuni progetti: uno è connesso alla legge regionale 29 del 2010, per tutela e conservazione del patrimonio antifascista. «In quest’ambito siamo impegnati nella catalogazione e digitalizzazione del fondo fotografico della Resistenza, che al momento comprende oltre mille foto», precisa Bacchetti.
«Sempre nel 70° rientrano la pubblicazione del libro di Giovanni Bortot, della rivista “Protagonisti”, del volume scritto da Elvio Bez e Ferruccio Vendramini, oltre ai tanti appuntamenti pensati per la ricorrenza».
Il patrimonio dell’Isbrec, come già detto, conta quasi 30 mila volumi, fondi personali (soprattutto di ex partigiani e partiti politici), migliaia di documenti sulla Resistenza e buste dell’Anpi. La biblioteca storica specializzata dell’Istituto non ha rivali, con riviste anche inedite.
«Ci piacerebbe che le amministrazioni percepissero questa realtà come un’opportunità» afferma la Salomon, «e che venissimo considerati come istituto bellunese in senso ampio, di livello provinciale». Sempre sul fronte dei progetti, è ancora in corso quello che mira alla ricostruzione del fenomeno della deportazione nella provincia di Belluno. Finora questo il dato emerso: 983 deportati dal territorio provinciale nei lager tedeschi. L’intenzione è avviare un percorso di ricerca analogo per gli internati militari. «Un’altra iniziativa avviata un anno fa è finanziata dal Governo tedesco e coinvolge tutti gli istituti della Resistenza», chiosa Bacchetti, «riguarda la ricostruzione delle stragi naziste avvenute in Italia. Grazie al ricercatore Adriano Mansi, sono già tanti gli episodi accaduti in provincia che sono stati individuati».
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