Un «ritorno» a casa per la prima voltadopo cinquecento anni

La grande esposizione a Belluno e a Pieve di Cadore ripercorre gli ultimi vent'anni di attività artistica del grande maestro cadorino
Tiziano Vecellio, ritratto di Papa Paolo III
Tiziano Vecellio, ritratto di Papa Paolo III
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esterà aperta fino al 6 gennaio la mostra sul Tiziano che, per la prima volta, ritorna nella sua «patria» con una grande esposizione dedicata all’«ultimo atto» dell’artista, cioè agli ultimi due decenni della sua produzione, quella più intensa, significativa, innovativa. Due le sedi espositive: Palazzo Crepadona a Belluno e il Palazzo della Magnifica Comunità a Pieve di Cadore. In entrambe le sedi l’allestimento è curato dal grande architetto Mario Botta, che ha «firmato» sia il Cubo della Crepadona sia l’Emiciclo di Pieve, due strutture ideate appositamente per valorizzare gli spazi e le opere esposte.

Ma oltre a riproporre il grande artista cadorino con alcuni importantissimi inediti e nuove attribuzioni, oltre a permettere una visione pubblica, per la prima volta, di molte opere mai uscite da sedi espositive private, la mostra di Belluno-Pieve di Cadore confessa anche un obiettivo ambizioso: consentire la riscoperta del notevole patrimonio storico-artistico disseminato nel territorio della provincia di Belluno e che, per molti aspetti, è ancora poco valorizzato e conosciuto. Tiziano dunque ritorna nelle sue terre non solo nell’arte ma anche nell’ambiente che quell’arte ispirò. Per questo la mostra nei palazzi si lega alla mostra fuori dai palazzi, con gli itinerari sul territorio. Sono quattro, e coinvolgono sia la zona di Vittorio Veneto e Conegliano dove Tiziano abitò e lavorò (da Palazzo Sarcinelli a Conegliano al Duomo di Serravalle, al Museo diocesano di Vittorio Veneto che custodisce il Trittico proveniente da Castel Roganzuolo, a Col di Manza), sia il Cadore e il Comelico dove Tiziano nacque e lasciò il suo segno in numerose opere sia autografe che di bottega (da Lentiai a Sedico, Forno di Zoldo, Zoppè di Cadore, e ancora Perarolo, dove Tiziano era proprietario di segherie, Nebbiù, Pieve, Calalzo, Domegge, Venàs fino a San Pietro e Candide, in Comelico).


Due sono dunque le idee di fondo della mostra. Innanzitutto mettere a fuoco la eccezionale produzione degli ultimi vent’anni nei quali esplode in Tiziano il senso del colore. Un colore che diventa materia, che evade dagli spazi e anche dal disegno, con una «pennellata greve e sporca», con la «disgregazione del tessuto disegnativo e plastico delle figure». Un colore che Tiziano spalma addirittura con le dita, superando l’idea della definizione delle forme. Esattamente quello che gli veniva rimproverato dai sostenitori della maniera tosco-romana, cioè di non disegnare (ma anche i disegni e le incisioni in mostra dimostrano il contrario, e che dunque quel modo di dipingere fu una scelta consapevole). In questo senso Tiziano può dirsi un grande innovatore, precursore di sensibilità moderne.


In secondo luogo, l’obiettivo della mostra è aggiungere arte ad arte, inserendo l’irripetibile «divin pittore» nell’ambiente altrettanto irripetibile, unico al mondo, delle Dolomiti, delle montagne cadorine. Giustamente si è sottolineato che una mostra sul Tiziano si può allestire ovunque, a Tokyo, a Parigi come a Vienna, e ovunque sarà sempre uguale a se stessa. Ma non esiste alcun posto al mondo, se non le Dolomiti, in cui il visitatore può, uscendo dall’esposizione, ammirare direttamente i paesaggi, il cielo, i tramonti, le montagne che vide Tiziano stesso da bambino, e poi ad ogni suo ritorno nella «piccola patria» cadorina, e che per sempre restarono nei suoi occhi e nella sua anima d’artista.


Per tutti questi motivi la mostra è destinata a rimanere negli annali come uno dei tre principali eventi internazionali dell’anno, insieme al Mantegna e a Piero della Francesca. Per Belluno è una scommessa importante anche perché può indicare una strada percorribile per un suo diverso sviluppo, dove l’arte, la natura e l’ambiente possono diventare il perno di una nuova consapevolezza e di un progetto non solo turistico, ma perfino di riscoperta di una identità forte.

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