Una casermetta dedicata all’eroe

Vittorio Montiglio si guadagnò medaglie per numerosi colpi di mano e per le azioni in Albania
Di Walter Musizza

CADORE. Il nome di Vittorio Montiglio è ben noto a tutti i lozzesi e ai molti frequentatori del Pian dei Buoi, dove una casermetta militare, destinata alcuni anni fa a moderno albergo, ma mai divenuta tale, è a lui dedicata.

Nato nel 1903 in Cile, a Valparaiso, da genitori italiani (era figlio del Console d’Italia in quel paese), nel marzo 1917, appena quattordicenne, fuggì da casa e partì per l’Italia con documenti falsi per dichiararsi della classe 1899 ed unirsi a due fratelli già combattenti, Giovanni ed Umberto.

Imbarcatosi a Buenos Aires sulla “Regina d’Italia”, giunse a Genova dopo 53 giorni di navigazione e si arruolò volontario.

Inizialmente venne destinato al 7° reggimento Artiglieria da Fortezza, ma passò poi al 3° reparto d’assalto del 6° reggimento alpini in Val d’Adige, partecipando a numerosi pattugliamenti notturni. Basti pensare che in tre soli mesi egli prese parte a ben 43 pattuglie notturne, 12 colpi di mano e 5 azioni “importanti”, guadagnandosi una proposta di medaglia di bronzo che però, nella confusione di Caporetto, andò persa Nominato aspirante, venne trasferito, nel marzo 1918 al 7° reggimento alpini, Battaglione “Feltre”.

Promosso sottotenente nel maggio 1918 ed assunto il comando di un reparto di arditi, compì ardite incursioni nelle trincee nemiche di Coni Zugna ed in una di esse riportò una ferita non lieve, che non gli impedì peraltro di prendere parte alla battaglia dell’ottobre 1918 e ad essere tra i primi a giungere in Trento liberata. Nel maggio 1919, promosso tenente, fu inviato con il battaglione a combattere le bande di ribelli in Albania e qui ottenne una medaglia d’oro al valor militare (Regio decreto 28 aprile 1925).

Tornato in patria, partecipò all’impresa fiumana con Gabriele D’annunzio e nel 1923 frequentò un corso per pilota d’aeroplani al campo di Ghedi, presso Brescia, ma non poté poi diventare pilota effettivo essendo rimasto ferito gravemente ad una mano in seguito ad uno scontro con un gruppo di comunisti.

Amico fraterno del famoso aviatore Guido Keller, si impegnò nella formazione dei Fasci di Combattimento, sia in Italia che in Sudamerica. Morì il 9 novembre 1929 in un tragico incidente stradale in provincia di Terni, nel quale, oltre a Keller, perse la vita pure un altro eroe della prima guerra mondiale, Giovanni Battista Salina. Si salvarono invece Dalmazio Gabrielli, corridore automobilistico, e Atlantico Ferrari, che fu poi autore di un libro su di lui, intitolato “Vittorio Montiglio, l'eroe fanciullo” (ed. Libreria del Littorio, Roma, 1930, ristampata nel 2004 da ed. AGA).

Non sappiamo se l’autorità militare, nel momento in cui scelse come custode della memoria di Montiglio la casermetta di Sora Crepa, erede di uno dei primi tre storici ricoveri per truppe alpine di fine 800 sull’altopiano (quello di Col Cervera), lo fece pensando al suo primo servizio svolto nell’Artiglieria da Fortezza e quindi in base ad un rapporto di vicinanza fisica ed affettiva con i vicini impianti fortificatori corazzati di Col Vidal.

Certo è bello pensare che il suo ricordo viva all’ombra delle Marmarole, in uno dei comprensori più belli delle Dolomiti. Dispiace soltanto che la casermetta, che qualche anno fa sembrava destinata ad una nuova vita, in grado di rilanciare il turismo quassù, sia destinata ad un progressivo degrado, offuscando di riflesso anche il singolare racconto che ci viene da quella lapide solitaria e laconica.

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