«Una città aperta, viva, accogliente»

Il programma del candidato sindaco Paolo Gamba: «A Belluno serve una svolta. Deve diventare la capitale delle Dolomiti»
BELLUNO. Sogna una Belluno aperta, accogliente, che guardi con fiducia all’Europa e diventi orgogliosa delle sue ricchezze. Paolo Gamba, un passato da assessore ma da cinque anni assente dalla scena amministrativa locale, si candida a sindaco con tre liste civiche per imprimere a Belluno un «cambio di passo».

Perché ha deciso di scendere in campo?

«Negli ultimi due anni molti cittadini mi hanno sollecitato a candidarmi chiedendomi di dare una svolta alla città. Che ha grandi potenzialità ma si trova in una fase morente. In questi casi non basta un’aspirina, serve una terapia d’urto».

Lei pensa di riuscire a imprimere questa svolta? Non le sembra un’affermazione arrogante?

«Fra i sette candidati sindaco sono l’unico ad aver dimostrato di saper portare a Belluno opere che Belluno non aveva mai avuto, senza utilizzare i soldi del Comune ma beneficiando dei rapporti istituzionali che avevo costruito negli anni. Penso di aver dimostrato cosa posso fare».

Durante l’amministrazione Prade, i suoi contatti con l’ex governatore Galan e l’ex assessore regionale Chisso sono stati fruttuosi ma, alla luce di quanto è successo dopo, quelle amicizie potrebbero essere ingombranti. Chi sono oggi i suoi punti di riferimento a livello regionale e nazionale?

«Premetto che l’ex governatore Galan mi ha sempre messo i bastoni fra le ruote, perché a quel tempo segretario di Forza Italia a Belluno era l’avvocato Paniz con il quale c’era poca sintonia. Non rinnego nulla, invece, dei rapporti istituzionali che ho avuto con l’ex assessore Chisso. Tutta Belluno dovrebbe ringraziarlo per essere stato disponibile ad aiutare la città nel momento in cui altri non lo erano».

I suoi riferimenti politici oggi?

«A Venezia governa Zaia, con il quale i rapporti sono chiari e improntati a una logica di dialogo. Ma oggi la Regione ha poche disponibilità di finanziare progetti, quindi per portare a casa risorse io guardo all’Europa».

Tre obiettivi che ha per Belluno.

«Il primo è un ponte sul Piave, definitivo, a Lambioi. Il secondo è fare in modo che questa città si apra al mondo, diventando attrattiva. Penso a Belluno come il centro della cultura di montagna. Servono eventi di qualità per qualificare la Capitale delle Dolomiti. Il terzo obiettivo è rivitalizzare il centro storico: per via Mezzaterra penso ad un albergo diffuso, che attiri turisti e attività. E poi il turismo: abbiamo decine di fontane in tutta la città, la metà non funziona e l’altra metà ha bisogno di una sistemazione. Devono tornare ad essere il nostro punto di riferimento, organizzando un percorso delle fontane creeremmo un’attrattiva anche per i turisti».

E per i giovani?

«Un’aula studio e una libreria a Palazzo Bembo. Quest’aula, dotata di computer e aperta con orario prolungato, diventerebbe un punto di ritrovo per i ragazzi di tutta la provincia».

Parliamo di opere pubbliche, il suo cavallo di battaglia quando era assessore.

«La prima cosa da fare è avviare la progettazione per rendere definitivo il ponte sul Piave a Lambioi. Poi voglio rivedere tutta la viabilità cittadina, esaminando i flussi di traffico. Riprenderò in mano anche il progetto del ponte fra San Pietro in campo e Sagrogna».

Quali progetti ha per il Nevegal?

«L’unica delega che mi terrò, da sindaco, è proprio quella al Nevegal. Deve diventare una frazione a tutti gli effetti, e ho alcuni progetti in mente. Creare un nuovo piazzale, con parcheggi (perché oggi non sono sufficienti e quando c’è il pienone la gente se ne va), e una nuova pista da sci sotto l’attuale funivia. È già stata individuata la zona in cui costruire una vasca di accumulo per l’acqua da 50 mila metri cubi, per l’innevamento artificiale. Sul Nevegal intere generazioni hanno imparato a sciare, non possiamo abbandonare questo segmento. Ma la stagione deve poter iniziare prima, e visto che non nevica più come un tempo bisogna supplire con la neve artificiale. Sul Nevegal come in altri comprensori».

Riprenderà il progetto “Abitare il Nevegal”?

«Ci credo ancora. Può rendere il Nevegal vivo, una frazione in cui la gente viva e lavori».

Parliamo di elettrodotto. Lei è stato l’assessore che ha condotto la trattativa con Terna e portato in consiglio il protocollo d’intesa, nel quale non c’era traccia di interramento per il nostro territorio.

«Quando l’allora sindaco di Ponte nelle Alpi De Pasqual, l’assessore Orzes e il sindaco Savi vennero nel mio ufficio in Comune, mai parlarono di 380 mila Volt. Sempre di 220. Mi era stato detto che si trattava di una razionalizzazione, per risolvere un problema di elettrodotti a Ponte. Nessuno parlò di potenziamento della stazione di Polpet. A Belluno si trattava solo di spostare cinque pali, trovai una soluzione migliorativa spostando l’elettrodotto che passa vicino all’asilo di Levego e facendo passare la fascia A. Da Levego, Terna non avrebbe più potuto proseguire. Io ero amministratore a Belluno, non a Ponte nelle Alpi, mi fidai dei colleghi e sono stato preso in giro perché loro sapevano benissimo a cosa sarebbero andati incontro. Infatti nell’ultimo incontro fatto con Terna a Padova, nel 2012, ho preteso l’interramento della linea ad Andreane e sul Piave.

Perché non ha voluto fare l’accordo con la Lega Nord?

«Non sono io che non ho voluto farlo. La Lega Nord mi aveva chiesto di fare la tessera del partito, per avere un candidato di bandiera. In questo momento storico ritengo che siano più importanti le persone di un simbolo di partito. Sottolineo: di un simbolo».

È possibile un apparentamento, per il ballottaggio?

«No, non è nel mio vocabolario questa parola. Io penso solo a lavorare per la città».

Qual è la prima cosa che farà se diventerà sindaco?

«Un incontro con tutti i dipendenti comunali. La struttura sarà rivoluzionata. Oggi non funziona, ma la colpa non è dei dipendenti. Abbiamo uffici e magazzini distribuiti in sei sedi. Come si può tenere tutto sotto controllo? I dipendenti devono sentirsi parte di una squadra, ed è questo il mio obiettivo».

Come vede Belluno fra cinque anni?

«Come la vedrei. Una città unita, entusiasta, aperta, accogliente, con i giovani finalmente in grado di esprimere le loro potenzialità nel territorio in cui sono nati».


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