Una storia tramandata ai nipoti

I ricordi degli ex militari: «Il 1997 un anno triste, prima la piazza era animata»
BELLUNO. «Nel 1997, in quell’invernale e uggiosa giornata di gennaio, l’atmosfera era triste. Ed è sempre così quando una storia finisce. Vent’anni fa terminava la storia della Brigata Alpina Cadore. Ma tutte le persone che sono arrivate a Belluno in questi giorni dimostrano come l’amore nei confronti di quella realtà sia ancora vivo e profondo». Don Sandro Capraro, cappellano militare della Brigata Alpina Cadore dal 1979 fino al suo scioglimento, oltre che fondatore e maestro del coro Bac, conserva tantissimi ricordi di quegli anni: «Se dovessi mettermi a raccontarli tutti non finirei più di parlare», ha messo in risalto ieri mattina in piazza Martiri. «Vent’anni fa il territorio bellunese ha perso un vero e proprio pezzo di storia che tanto amava. E, proprio per questo, non lo dimentica».

Seduti vicino ad Arrigo Cadore, che ha contato, uno ad uno, i partecipanti alla sfilata, alcuni “veci” alpini”. «Oggi (ieri,
ndr
) l’emozione è veramente grandissima e non si può nascondere», ha detto Bruno Menegolla di Sospirolo. «Ci ritroviamo qui insieme a tanti ex commilitoni. Una delle esperienze più belle. Personalmente sono stato nella Cadore tra il 1960 e il 1962. Ed ero presente anche nel giorno della cerimonia di scioglimento».

«L’aspetto positivo è che i giovani non vogliono dimenticare: figli e nipoti ci chiedono di raccontare loro la storia della Brigata», hanno aggiunto Vito Da Canal di Santa Giustina e Romano Casanova di Sospirolo. «Ho partecipato a 70 adunate, ma quella di questi giorni è una delle più belle», ha fatto eco Vittorio Ferracin, cavaliere della Repubblica e nella Cadore ai suoi inizi. Un alpino meno “vecio” è Dario Dal Pont di Tisoi: «Ho fatto la naja in casa, alla Fantuzzi a partire dal febbraio 1980», ha ricordato. «La Brigata è stata davvero una scuola di vita. E il 1997 è stato un anno triste: dopo di allora anche per la città venne a mancare qualcosa. Prima c’erano gli alpini ad animare la piazza, che poi è andata un po’ alla volta svuotandosi. Per quanto riguarda la ricostituzione di una naja obbligatoria, penso che l’idea sarebbe bella, ma bisogna mettere in piedi un buon progetto e non è semplice».
(m.r.)

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