Unabomber, parla l'ingegner Zornitta"Vita distrutta e nessuno chiede scusa"
Il professionista accusato ingiustamente di essere il maniaco bombarolo e poi prosciolto: "Ho un lavoro precario, la mia famiglia è stata distrutta e nessuno mi ha chiesto scusa". Intanto sta per aprirsi il processo d'appello a carico del poliziotto condannato in primo grado per aver manomesso le prove

Elvo Zornitta
BELLUNO.
Dopo un breve periodo di cassa integrazione, ha ringraziato tutti e si è licenziato rimettendosi in gioco in un’azienda che installa pannelli fotovoltaici. Da professionista con impiego stabile a precario con un lavoro a tempo determinato. «Ho la capacità di riciclarmi», spiega con amara ironia l’ingegnere bellunese Elvo Zornitta, per anni protagonista suo malgrado delle cronache giudiziarie,
, il maniaco che ha terrorizzato il Nordest con i suoi ordigni esplosivi.
Ora Zornitta va sui tetti degli edifici ad effettuare verifiche sulla funzionalità dei pannelli. Un lavoro lontano anni luce dalla sua specializzazione di ingegnere aeronautico (acquisita al Politecnico di Torino) e dalle sue aspirazioni.
Un anno fa, Ezio Zernar, il poliziotto accusato di
di un ordigno per incastrare Zornitta è stato condannato a due anni di reclusione. L’ingegnere bellunese parlò di “resurrezione” anche se, in cuor suo, sapeva che, una volta spenti i riflettori sul suo caso, la normalità non sarebbe più ritornata.
«Cerco di dimenticare», ora dice, «ma quello che mi è successo è stato devastante. Ha distrutto completamente la mia famiglia e mi ha letteralmente buttato fuori dal lavoro».
L’inchiesta su Unabomber l’ha segnato irrimediabilmente, anche professionalmente. Per due volte è finito su una strada ed ora, da precario, cerca di affrontare l’ennesima salita.
Dopo aver perso il lavoro quando l’inchiesta infuriava, i sospetti sembravano travolgerlo e la gloria del pool di investigatori anti-Unabomber era all’apice, ecco che esce la storia del lamierino modificato ed il sospettato diventa vittima della mala-giustizia con imprenditori che fanno a gara per offrirgli un posto di lavoro.
L’ingegnere accetta l’offerta presso un’azienda di alcuni conoscenti. Un lavoro che professionalmente non lo soddisfa, ma al quale, visti i tempi, si adegua. «La crisi economica, però, ha colpito anche quella ditta - spiega l’ingegnere bellunese che vive ad Azzano Decimo - ed io sono stato messo in Cassa Integrazione. Ho aspettato un po’. Poi ho ringraziato i titolari e mi sono licenziato».
Si è accontentato di un lavoro a tempo determinato, presso una ditta che installa pannelli fotovoltaici. La vita “da precario” dell’ingegner Zornitta passa tra verifiche e collaudi dei pannelli sui tetti degli edifici ed il tentativo, finora vano, di dimenticare l’inchiesta che lo ha travolto. «Quello che mi è successo ha segnato la mia vita. Eppure, nessuno si azzarda a scusarsi. Finché si è trattato di accusare, tutti salivano sul carro. Facile, troppo facile così».
Ora sul suo caso i riflettori si stanno per riaccendere in vista del processo d’Appello contro Ezio Zernar, l’ex direttore del Laboratorio d’indagini criminalistiche di Mestre. «Niente e nessuno - conclude l’ingegnere - potrà risarcire il dolore mio e quello della mia famiglia».
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