Un’antica urna cineraria trafugata a Feltre diventa fioriera in Austria
FELTRE. È una storia un po' diversa dal capolavoro ritrovato in soffitta. In questo caso si tratta di un'epigrafe Romana ritenuta perduta in tutte le pubblicazioni del settore e riscoperta per caso nella corte del castello di Niederleis, nella bassa Austria, dove il reperto viene utilizzato come fioriera. C'è una foto che la ritrae in un sito di epigrafia tedesca (www.ubi-erat-lupa.org), nella quale si è imbattuto il consigliere delegato alla cultura Alessandro Del Bianco, che studia la materia dell'epigrafia latina, mentre faceva una ricerca sulle iscrizioni romane del Feltrino.
L'obiettivo è riportare a Feltre un pezzo importante della sua storia anche per i riferimenti che fa. Si tratta di un'urna cineraria in cui il sepolto, Lucio Veturio Nepote, fa dei lasciti di denaro a tre collegi affinché lo ricordino nell'anniversario della nascita e nella festa dei defunti: le Mulieres (un collegio di matrone), gli Herclanenses (forse collegati al culto di Ercole) e i Ciarnenses, più difficili da identificare. «Sono sostanzialmente tre associazioni della Feltre Romana di quel momento, di cui non si ha traccia in nessun'altra iscrizione feltrina. Ci sono delle connessioni interessantissime con la storia locale».
L'urna cineraria di Veturio Nepote fu rinvenuta nel 1600 in una villa del castel Marcellon nel borgo di Tortesen e donata nel 1612 a Daniello Tomitano, autore di un manoscritto conservato alla biblioteca di Jesi in cui ne ha fatto il disegno, a sua volta ripreso dal Cambruzzi, l'autore della storia di Feltre. «Così sappiamo com'è fatto il supporto», spiega il consigliere alla cultura. «Morto Tomitano, la sua collezione si è disfatta finché nel 1800 Francesco Tauro non la ricompose, portandola alla villa delle Centenere, che però durante la prima guerra mondiale venne saccheggiata dalle truppe Austro-Ungariche e l'epigrafe rubata». Da quel momento, «in tutte le pubblicazioni italiane, questa epigrafe è data per perduta».
Non lo è più. La scoperta è nata casualmente, durante una ricerca sull'onda dell'entusiasmo della creazione della nuova sezione archeologica al museo Civico. «Mi sono imbattuto nella foto di questa iscrizione. È quella feltrina, perché ha lo stesso testo, la decorazione che è inconfondibile e nel sito di epigrafia tedesca è indicata la provenienza da Feltre», racconta Alessandro Del Bianco. «Non si tratta di un'epigrafe da niente. Sapere che esiste ancora, che non è distrutta o dispersa, è importante per il patrimonio culturale e faremo di tutto per riportarla a Feltre. C'è da capire come avviare le trattative».
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