Un’arma clandestina in casa durante una perquisizione

BELLUNO. Arma clandestina in casa. «Una pistola a tamburo senza la matricola» c’è scritto all’inizio del capo d’imputazione letto in aula dal giudice Coniglio, nel processo a carico di Romano De Poi. Nel febbraio dell’anno scorso, si era parlato di una pistola lanciarazzi che era stata sequestrata dalla polizia giudiziaria, dopo la perquisizione domiciliare. Il fatto che fosse filettata all’interno della canna, aveva consigliato alla procura della Repubblica la nomina di un consulente, al quale era stato dato il compito di stabilire se fosse in grado o no di sparare anche proiettili, oltre che razzi.

L’uomo era stato condannato in abbreviato a un anno e otto mesi di libertà vigilata (inizialmente erano dieci mesi di reclusione) per atti persecutori nei confronti di alcuni vicini. Ed è stato perquisito in base all’articolo 41 del testo unico di pubblica sicurezza, quello che consente agli ufficiali e gli agenti della polizia giudiziaria che abbiano notizia, anche se solo per indizio, dell’esistenza in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualsiasi abitazione, di armi, munizioni o materie esplodenti non denunciate o non consegnate o, comunque, abusivamente detenute, di procedere immediatamente alla perquisizione e al sequestro.

Mentre lo stesso De Poi (ora difeso da Schillaci) non era invece indagato per l’incendio della Fiat Panda della moglie del consigliere comunale Silvano “Orso grigio” Serafini. Per quel rogo, la procura ha archiviato il fascicolo che era stato aperto contro ignoti. L’udienza di smistamento di ieri mattina è servita a raccogliere le liste dei testimoni. Non sono stati ammessi tutti ed è scattato un rinvio al 21 marzo dell’anno prossimo. Il consulente della difesa è deceduto ed è stata chiesta l’acquisizione della perizia della procura. (g.s.)