«Uno sciopero totale per contestare la legge di stabilità»

Lo hanno proclamato i sindacati in modo unitario per il 14 novembre: quattro ore alla fine di ogni turno
Belluno, 3 giugno 2009. in piazza martiri manifestazione degli operai della ceramica dolomite per la chiusura dell'aziendaA sinistra i lavoratori schierati di fronte al palazzo della Prefettura A destra un momento della protesta in piazza Duomo
Belluno, 3 giugno 2009. in piazza martiri manifestazione degli operai della ceramica dolomite per la chiusura dell'aziendaA sinistra i lavoratori schierati di fronte al palazzo della Prefettura A destra un momento della protesta in piazza Duomo

BELLUNO. Per uscire dalla crisi serve coraggio. Non una legge di stabilità che «non va a toccare i nodi cruciali per il rilancio dell'economia».

Per questo Cgil, Cisl e Uil hanno proclamato 4 ore di sciopero per giovedì 14 (alla fine di ogni turno di lavoro). Alle 15 ci sarà un presidio davanti alla Prefettura e sarà montato un gazebo in piazza Duomo dove si potranno trovare i volantini dell'iniziativa.

«Sarà uno sciopero totale, che coinvolgerà tutti i lavoratori», spiega il segretario della Cisl Rudy Roffarè. «In questi giorni stiamo facendo le assemblee». Lo sciopero nasce per contestare la legge di stabilità, che va modificata: «Probabilmente è meno dolorosa rispetto alle precedenti, ma nella sostanza non affronta i nodi cruciali per rilanciare davvero l'economia, creare posti di lavoro e aumentare i consumi interni», prosegue Roffarè. «E' necessario dare più risorse al mondo del lavoro, ridurre i costi per le imprese, rilanciare il salario dei lavoratori e dei pensionati, per dare una scossa ai consumi. E bisogna smetterla con i tagli lineari, che vanno a colpire settori come la scuola o la sanità. I tagli devono essere mirati».

Anche nella pubblica amministrazione, conclude Roffarè, «a pagare sono solo i lavoratori. C'è il blocco dei contratti e del turn over, ma non si comprende che la spesa maggiore non è legata agli stipendi, bensì ad alcune inefficienze del sistema». Cgil, Cisl e Uil chiedono che vengano abbassate le tasse per i lavoratori e i pensionati (per questi ultimi si chiede anche una rivalutazione delle pensioni), ma anche che venga resa più equa la nuova Trise: «Si andrà a pagare più di prima», sbotta il segretario della Cgil Ludovico Bellini. «Anche perché l'Imu ricadrà anche sugli affittuari. Quindi, spesso, sui giovani».

I quali, non avendo (per la maggior parte) un salario fisso, rinunciano all'acquisto di un appartamento e scelgono di pagare un affitto. Ma come si possono reperire le risorse che servirebbero per un rilancio vero dell'economia? I sindacati offrono diverse soluzioni: «Bisogna potenziare la lotta all'evasione fiscale, rafforzando il ruolo dei Comuni, che essendo più vicini al cittadino possono osservare e verificare se il suo tenore di vita corrisponde al suo reddito dichiarato», continua Bellini. «Bisogna inoltre armonizzare la tassazione sulle rendite finanziarie alla media europea. E perché nessuno parla più della patrimoniale? E di tassare le pensioni sopra i 100 mila euro annui?».

«Abbiamo un Governo di larghe intese, che può, quindi, fare le riforme di cui il Paese ha bisogno», continua il segretario generale della Uil di Belluno-Treviso Carlo Viel. «Serve una riduzione drastica degli enti inutili, del numero di società pubbliche e dei componenti dei consigli di amministrazione. Bisogna eliminare tutte le società partecipate che non siano efficaci ed efficienti. Il costo della macchina istituzionale è di 900 miliardi l'anno: i tagli vanno fatti qui. Con un 10% in meno di spesa si potrebbero stabilizzare i precari, rendere efficiente l'apparato della giustizia, il mondo della scuola». Altre soluzioni per reperire risorse sono l'obbligo dei costi standard per le amministrazioni e la riduzione del numero delle centrali appaltanti; la gestione dei servizi locali fatta su dimensioni più vaste per realizzare maggiori economie di scala; la riduzione del numero dei componenti degli organi elettivi ed esecutivi a tutti i livelli di Governo; il blocco delle consulenze a tutti i livelli dell'amministrazione pubblica; la valorizzazione del patrimonio dello Stato. «La nostra classe politica non si rende conto che il disagio si sta trasformando in sacche di disperazione. È a rischio la coesione sociale del Paese, si rischiano momenti di rivolta», conclude Viel.

Alessia Forzin

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