Usi civici, Sant’Anna passa ai privati

La Regione ha approvato il lavoro di accertamento e riordino intrapreso dal Comune nel 2005 con molti aspetti delicati
TAMBRE. Un lavoro poderoso, iniziato nel 2005 e concluso in tempi abbastanza rapidi, considerata l’importanza dell’intervento. Nei giorni scorsi è stato approvato dalla Regione il piano di accertamento e riordino delle terre di uso civico di Tambre, un’operazione che ha coinvolto oltre 900 ettari di territorio, circa un quinto della superficie complessiva del comune. L’operazione di accertamento e riordino fu intrapresa dall’amministrazione Azzalini e portata avanti dall’attuale con l’agronomo Paolo Ziliotto.


Nel piano sono numerosi i casi delicati per i quali è stato necessario procedere ad approfondimenti e il lavoro non è finito, perché nei prossimi mesi il Comune dovrà affrontare la conciliazione con alcuni privati, organizzare la gestione futura dei terreni che saranno ancora di uso civico, oltre ad esplorare nuove strade per risolvere questioni rimaste in sospeso. «È stato un lavoro complesso», spiega il sindaco di Tambre, Oscar Facchin, «con diversi nodi particolari da sciogliere. In alcuni di essi l’amministrazione ha dovuto prendere decisioni in realtà già vincolate, ma siamo soddisfatti perché non credo che siano molti i Comuni che hanno intrapreso e soprattutto concluso il riordino degli usi civici, obbligatorio per legge da molti anni. Per noi questo è un punto di arrivo, ma anche di partenza perché adesso di apre una nuova fase con tante cose da fare, a partire dal regolamento per l’utilizzo degli usi civici».


Il Villaggio Sant’Anna.
Il caso forse più importante affrontato dal piano è quello del Villaggio Sant’Anna, interamente costruito su terreno di uso civico, l’ex pascolo comunale, in seguito ad un programma che puntava a dare uno sviluppo turistico del paese. Tra gli anni ’60 e ’70 il Comune mise in vendita diversi lotti dove i privati hanno costruito case per le vacanze e strutture accessorie. I terreni furono offerti a prezzi abbastanza agevolati rispetto al valore di mercato, a condizione che fossero edificati entro una certa data. Due di questi lotti sono rimasti vuoti e e ci sarà una conciliazione tra Comune e privati. Tutti gli altri lotti di Sant’Anna verranno sclassificati e il diritto di uso civico si estinguerà. La sclassificazione (o sdemanializzazione) riguarda una porzione importante degli usi civici di Tambre e, oltre al Villaggio, interessa anche l’area del ristorante baita Colindes e dell’omonimo albergo.


Il rifugio Semenza.
Anche in questo caso la situazione è fluida e verrà risolta nei prossimi mesi. Da decenni il rifugio Semenza è considerato di proprietà del Cai di Vittorio Veneto, che l’ha acquisito per usucapione e infatti non esiste traccia di un atto di vendita del terreno relativo nè dello stabile. Tecnicamente, dunque, quella del Cai si considera un’occupazione senza titolo o con titolo illegittimo. Il Cai di Vittorio Veneto ha avanzato una proposta di acquisto, ma il Comune ha deciso di non aderire: «Il Cai ha operato miglioramenti significativi al rifugio», osserva ancora il sindaco Facchin, «e il Comune riconosce il valore degli interventi, ma per diversi motivi (non ultima la recente nascita di una sezione del Cai locale) vogliamo riportare la proprietà del rifugio in capo al Comune. Restiamo favorevoli ad una gestione da parte del Cai di Vittorio per il lavoro impeccabile fatto finora e andremo alla trattativa per la conciliazione economica». Con l’eccezione dell’edificio, l’area del rifugio tornerà ad essere di uso civico.


La cava del Col delle Fratte.
Ma le complicazioni non finiscono mai e nel piano appena approvato dalla Regione si è identificato anche il destino della cava del Col delle Fratte, sulla quale il Comune ha da poco chiuso il contenzioso con la ditta che l’ha avuta in concessione fino a due anni fa. La cava sorge su terreno di uso civico e tornerà patrimonio collettivo della comunità di Tambre al termine del suo progetto di coltivazione. «La variazione di destinazione d’uso di quel terreno», spiega il sindaco Facchin, «permise di intraprendere la coltivazione della cava, che tornerà di uso civico, a destinazione agro silvo pastorale, al termine della coltivazione». Al momento la cava è ferma, da quando, nel 2015, il Comune deliberò di revocare la concessione alla ditta concessionaria, che in seguito alle variazioni di mercato non garantiva più da tempo i pagamenti convenuti. «Si è aperta una causa che si è chiusa il mese scorso con un atto di transazione», riassume il sindaco. «Siamo riusciti a recuperare le somme arretrate, in parte in denaro e in parte con l’assegnazione del materiale di cava stoccato dalla ditta e in parte attraverso il passaggio di proprietà di alcuni terreni. Prossimamente faremo un nuovo bando di gara per completare la coltivazione della cava, inserendo anche il relativo ripristino ambientale. Manca circa il 40 per cento del materiale, cioè 400 mila metri cubi».


Fino a tre anni fa la cava fruttava al Comune di Tambre introiti tra i 120 e i 150 mila euro all’anno, poi il mercato è crollato: «Cercheremo di proporre un prezzo coerente con il valore attuale, allo scopo di favorire l’interesse dei privati a completare la coltivazione».


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