Usl 1, pensionamenti di massa entro l’anno

BELLUNO. Sono una sessantina i dipendenti dell’Usl 1, per lo più infermieri e operatori, che quest’anno andranno in pensione.
Un esodo di massa, grazie anche alle agevolazioni previste dal governo soprattutto per le donne, che è stato colto al balzo dagli addetti.
Il numero maggiore di pensionamenti si registra all’ospedale di Belluno dove se ne andranno 37 persone (5 medici, 15 infermieri, 13 tra tecnici e operatori, 4 amministrativi), a seguire la struttura di Pieve di Cadore con 10 unità in uscita (2 medici, 3 infermieri, 2 operatori, 3 amministrativi), e infine l’ospedale agordino con 8 persone in meno (un medico, 5 infermieri, un operatore e un amministrativo) e il distretto con tre pensionamenti (un medico e due infermieri).
La situazione sta creando preoccupazione tra i sindacati del comparto che lanciano l’allarme: «Con questi pensionamenti a rischio è il servizio agli utenti», dicono Gianluigi Della Giacoma della Fp Cgil e Fabio Zuglian della Fp Cisl. «In questo modo si mette in crisi il sistema sanitario bellunese. Per quanto ci riguarda», dice Della Giacoma, «chiediamo che almeno il personale del comparto, cioè gli infermieri, venga sostituito. Infatti, con questi pensionamenti e con i blocchi delle assunzioni, va in crisi il sistema dei “minuti assistenziali per infermiere a posto letto occupato”, un sistema che la Regione ha voluto, ma che non può andare bene per il Bellunese, dove la popolazione è poca rispetto agli altri territori. Quindi da noi sembreranno sempre esserci troppi infermieri. Ma non è così».
Ad ampliare le problematiche, Zuglian che evidenzia come «oltre che con il blocco delle assunzioni, dobbiamo fare i conti con l’aumento dell’età media del personale e quindi con l’aumento delle malattie professionali. Non si tiene spesso in considerazione anche questo aspetto», sottolinea il segretario della Fp Cisl, «ma non possiamo dimenticare che la maggior parte del personale infermieristico sono donne che sono costrette a gestire un’assistenza primaria che diventa pesante e difficile se viene eseguita in età avanzata». «Sono infatti, in aumento le limitazioni al lavoro per questioni di salute», conclude Zuglian, «e questo si riversa anche sull’organizzazione del lavoro. Per cui, quella norma che prevede un riposo di almeno 11 ore tra un turno e l’altro, spesso non viene rispettata perchè le necessità sanitarie sono altre, specie se ci troviamo in carenza di personale». (p.d.a.)
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