Vaia ha ridisegnato la Val Visdende, molti versanti come “zone di guerra”

Una mazzata per l’economia: le Regole del Comune di San Pietro stimano una perdita di cinque milioni di euro

Ad un anno di distanza, il ricordo della tempesta Vaia è vivo come non mai e segna tutto il Comelico. In particolare la Val Visdende, colpita in lungo e in largo dalla devastazione. La valle tanto amata da Papa Giovanni Paolo II, il “tempio di Dio, inno al creatore” , come la definì il pontefice poi divenuto santo, porta ancora oggi ferite che richiamano alla memoria quella tremenda notte del 29 ottobre 2018. Pioveva e tempestava da ore, il Piave si era ingrossato fino a far temere un’esondazione, il vento ululava; ma quella notte nessuno dei comeliani avrebbe mai potuto immaginare quello che poi sarebbe stato il drammatico spettacolo del giorno dopo.


O dei giorni dopo, per meglio dire, perché da terra fu impossibile avere immediatamente, al sorgere del sole il 30 ottobre, un’idea di quanto era avvenuto. Sì, qualche piccola frana a Santo Stefano, qualche colata di fango giunta fino in strada, uno o due case a rischio a Presenaio. Ma fu necessario che si alzasse poi in volo un drone sulla Val Visdende per capire la vera portata del disastro e rendersi conto che in molte aree gli alberi secolari della valle si erano inchinati alla furia del vento, fino a farla sembrare, vista dall’alto, un enorme tavolo dello shanghai, quel tipico gioco orientale che consiste nell’estrarre, da un mazzo aggrovigliato, uno ad uno, tutti i bastoncini sovrapposti tra loro. Ma non era un gioco, purtroppo, quello scatenato dalla furia degli elementi.

Era un evento che ha ridisegnato il profilo della Val Visdende che, ad un anno di distanza, presenta i contorni di una zona di guerra, con profonde ferite sia dal punto di vista ambientale e sia economico. Il Comelico ha vissuto a lungo di occhiali, prima ancora di turismo, ma da sempre è il legno ad essere una risorsa indispensabile per l’economia. E la tempesta Vaia ha assestato un colpo quasi mortale a questa economia gestita in buona parte dalle Regole.

Basta qualche numero per capirlo. In tutto il Veneto si tagliavano ogni anno circa 200.000 metri cubi di legname, la tempesta Vaia ha abbattuto nella nostra regione 4 milioni di metri cubi, ovvero l’equivalente di 20 anni di taglio. E nella Val Visdende il solo Consorzio Visdende, formato dalle quattro Regole di San Pietro, Costalta, Presenaio e Valle, ha stimato in 150.000 i metri cubi il legname schiantato a terra.

«Le cifre si faranno a consuntivo», spiega Orazio Cesco, presidente della Regola di San Pietro e del Consorzio Visdende, «ma stimiamo una perdita di valore per noi pari a 5 milioni di euro».

A queste cifre vanno aggiunti i danni riscontrati dalle altre cinque Regole che sono proprietarie della Val Visdende, ovvero Campolongo, Santo Stefano, Costalissoio, Casada e Mezza Danta. L’immensa quantità di legname caduta a terra ha poi avuto l’effetto di deprimere i prezzi, mentre scattava la corsa contro il tempo per liberare il bosco onde evitare che il legno venisse aggredita dai parassiti, che potevano anche trasferirsi alle piante ancora in piedi, danneggiando ulteriormente il patrimonio boschivo.

A metà ottobre di un anno fa, ad un’asta, il legno della Val Visdende, particolarmente pregiato, aveva toccato la punta massima di 143 euro al metro cubo, con una media di 80. Un mese dopo, a tragedia avvenuta, la prima asta è andata inevasa, tanto da costringere le Regole del Consorzio Visdende ad una trattativa privata, con quotazioni sui 16 euro a metro cubo.

«Si fa presto a capire il danno economico», prosegue Orazio Cesco, «ma non c’era altro da fare e, a distanza di un anno, siamo contenti della scelta fatta, perché i lavori proseguono, è già stata portata via dalla valle una metà del legname schiantato, e soprattutto abbiamo la garanzia che la ditta Doriguzzi pulirà il sottobosco. E per le Regole la tutela ambientale viene sempre al primo posto». Al di là, poi, degli aspetti economici, negli occhi dei comeliani restano i drammatici ricordi. «Quando si alza il vento, tremo al pensiero di quello che è stato», commenta Orazio Cesco. —




 

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