Vaia in Comelico: silenzio e desolazione. E un odore acre, diverso
COMELICO. «È ancora vivissimo in me il ricordo di quei giorni di un anno fa. Il silenzio, la desolazione, perfino l’odore che era diverso dal solito, acre, scioccante». Alessandra Buzzo un anno fa era sindaco di Santo Stefano e presidente dell’Unione montana. «In pratica ho trascorso quei giorni sempre in municipio, dove era stato costituito il Com (Centro operativo misto, ndr) del Comelico e del Cadore, dove convergevano tutte le segnalazioni e dove le forze dell’ordine, i Vigili del fuoco, i volontari della Protezione civile definivano le priorità di intervento».
La Buzzo ricorda anche l’isolamento: niente telefoni, scarse e spezzettate le informazioni, il timore di qualche disgrazia; quindi la base radio, gli insegnanti di altre regioni in servizio in Comelico che facevano la fila per contattare i parenti per poterli rassicurare.
«E poi, passata la prima emergenza, la gestione delle richieste di intervento, la verifica degli smottamenti, delle colate fangose, la strada di Ronco in buona parte portata via dalla forza delle acque, qualche famiglia sfollata. Un grande dramma», conclude Buzzo, «in cui però sono emersa anche tutta la forza di volontà della nostra gente, la disponibilità a dare una mano, la solidarietà».
Il senso di isolamento è quello che racconta anche Manuel Casanova Consier, oggi sindaco di San Pietro. «Costalta, dove abito, era completamente isolata, nessuna strada era praticabile a causa degli alberi caduti. Io mi sono mosso a piedi con un amico per verificare i danni, e ne ho avuti anche personalmente, con una porzione di tetto portata via dal vento al rifugio Forcella Zovo, gestito da mia moglie; ed anche nella casa ereditata dal nonno Libero a Pra Marino, in val Visdende. È stata una notte d’inferno, anche perché abito accanto al torrente. Ma ancora più drammatico è stato il risveglio, quando ci siamo davvero resi conto della forza devastante dell’uragano».
Ed al mattino dopo anche per Enrico Pomarè, che vive in Val Visdende ormai da trenta anni, il risveglio è stato traumatico. «Tutte le strade in pratica erano invase dagli alberi. Un’immane distesa, un cimitero di piante. Mi sono avviato a piedi perché volevo scendere a Campolongo ed ho constatato di persona il disastro fino a Cima Canale, la porta d’ingresso della valle. Poi devo dire che gli interventi dei giorni successivi sono stati rapidi e molto efficaci. In due giorni hanno ripulito le strade. A distanza di un anno? È stato fatto tantissimo, ma c’è ovviamente ancora tanto da fare, soprattutto nelle parti in alto dove serve la teleferica per portare via il legname schiantato».
Intanto il Comune di San Pietro, come anticipa il sindaco, sta organizzando per i primi giorni di novembre un concerto di due violinisti a Palazzo Poli, per ricordare gli eventi di un anno fa. «Quello che è accaduto», conclude il sindaco Casanova Consier, «ci ha dato una nuova consapevolezza. La tempesta non solo ha mutato il panorama, ma ci ha cambiati dentro». —
S.V.
BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi