Vajont, ancora tutto fermo per il riconoscimento Unesco

Il responsabile delle candidature italiane spiega che si sta lavorando a una riforma che si sbloccherà a metà 2020



Il patrimonio del Vajont e delle Dolomiti Unesco tra memoria e futuro è stato il filo conduttore di un convegno, ieri in municipio, in occasione del decennale delle Dolomiti Unesco e dell’anniversario del Vajont. Organizzatrice è stata Irma Visalli nella sua molteplice veste di presidente del comitato scientifico della Fondazione Vajont, di vice presidente dell’associazione culturale Tina Merlin e di protagonista del tavolo di lavoro che 10 anni fa ha portato al traguardo del riconoscimento Dolomiti Unesco. Ospite speciale Enrico Vicenti, responsabile di tutte le candidature italiane Unesco che ha fatto il punto sul progetto di candidatura del fondo processuale Vajont nel registro dei beni immateriali Unesco, un lavoro che va avanti da diversi anni grazie alla sinergia tra Fondazione Vajont, associazione Tina Merlin e i due archivi storici di Belluno e L’Aquila.

«Lo stato di questa candidatura è fermo – spiega Vicenti – perché dal 2017 il programma è in stato di revisione per motivi politici legati ad una serie di rivalità nell’area del sud est asiatico. Al momento quindi i tecnici Unesco stanno lavorando per una riforma del programma e tutte le candidature sono congelate. Il processo dovrebbe protrarsi fino a giugno del 2020».

Le speranze per il fondo Vajont però sono rosee. «Ci ha davvero colpito il gioco di squadra attorno a questa proposta di candidatura – aggiunge Vicenti – con i due enti e i due archivi che lo hanno proposto. Segno del coinvolgimento della comunità su cui l’Unesco punta molto invece che essere un progetto calato dall’alto. Sono stati riconosciuti diversi valori aggiunti: il primo è il grande valore interdisciplinare dei documenti. Il Vajont non ha e non può avere una lettura univoca. Altro grande aspetto è quello dell’opera di digitalizzazione intrapresa in questi anni, un investimento che va nella direzione di preservarne il patrimonio. Per cui siamo fiduciosi che, dal prossimo anno, possa riprendere l’iter».

«Il Vajont restituisce ancora oggi il peso dell’ingiustizia subita – conclude Vicenti – la vicenda è oggi più che mai attuale con le tematiche della sostenibilità ambientale in questi anni di emergenza climatica. Nel 1963 ci fu una promessa della modernità e un’illusione del controllo della natura che poi ha prodotto un uso dissennato del territorio. Ora dobbiamo puntare ad un’ottica sostenibile magari già usando al meglio l’occasione olimpiaca a Cortina: lo dobbiamo ai nostri giovani e per questo il dossier Vajont deve assumere con l’Unesco una valenza internazionale per indicare la sua lezione al mondo».

«È importante il concetto dalla memoria storica che deve però poi guardare al futuro – ha detto Visalli – l’Onu nel 2008 ha definito il Vajont come la peggior catastrofe causata dalla malagestione umana e l’anno dopo abbiamo avuto il grande traguardo delle Dolomiti Unesco. Non sono due cose distinte e opposte ma facce della stessa medaglia che ci devono impegnare ad essere più responsabili». All’incontro sono intervenuti anche il vicesindaco di Longarone Ali Chreyha, Giovanni Danielis della Fondazione Vajont, Marcella Morandini della Fondazione Dolomiti Unesco, Patrizia Cacciani ha poi portato l’esempio dell’archivio storico Cinecittà Luce, bene che si trova già nel registro memoriale immateriale Unesco. Presente anche Silvia Miscellaneo dell’archivio di Stato di Belluno che ha spiegato il lungo lavoro per digitalizzare il fondo Vajont un patrimonio che ha generato oltre 162mila foto dei documenti, e Adriana Lotto della Tina Merlin. —

Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi