Vajont: forse si farà un referendum

La popolazione chiede di decidere sullo sfruttamento dell'acqua
In alto i sindaci dei tre comuni coinvolti
In alto i sindaci dei tre comuni coinvolti
LONGARONE. «Il referendum? È una possibilità che considereremo». Così il sindaco di Longarone Roberto Padrin ha concluso l'incontro di venerdì sera, indetto per discutere, con i superstiti del disastro, della possibilità di sfruttare l'acqua del torrente Vajont per produrre energia. I sindaci di Castellavazzo, Erto Casso e Longarone si sono presentati compatti di fronte alla platea dei superstiti, illustrando i punti salienti della proposta che, sanno benissimo, è difficile da affrontare. «Ancora nulla è stato deciso - ha chiosato il sindaco di Castellavazzo Roccon, nel dipingere il quadro della situazione -: volevamo prima raccogliere punti di vista e proposte». La platea ha chiesto di essere coinvolta in modo più diretto. E di poterci vedere chiaro sulla reale possibilità di decidere della sorte dell'acqua del Vajont. «Programmeremo altri incontri- ha aggiunto Padrin -, per tenervi aggiornati sulla situazione e coinvolgere anche il resto della popolazione. Dobbiamo ragionare e decidere insieme». Alcuni punti fermi, in questa vicenda, ci sono. Su tutti il fatto che nel 1989 la regione Friuli ha deliberato la concessione per lo sfruttamento delle acque del torrente Vajont, e che dal 2002 questa concessione è in mano ad un privato, la "Martini e Franchi". Che potrebbe decidere, in ogni momento, di far valere il proprio diritto e sfruttare quella risorsa senza coinvolgere il pubblico. «Quindi - ha sintetizzato dalla sala Gianni Mariot - per noi sarebbe opportuno prendere l'occasione al volo, perché c'è il rischio di non ottenere nessun beneficio dallo sfruttamento del nostro territorio». Uno sfruttamento che, ha ricordato Piergiacomo De Cesero, poteva esistere già da almeno vent'anni. «Negli anni novanta avevamo la possibilità di costruire una centralina, e non è stato fatto. Abbiamo perso l'occasione di sostenere la nostra società e migliorare i servizi. Se i morti del 9 ottobre potessero parlare, ci inviterebbero a costruire la comunità del futuro partendo dalla tragedia». L'aspetto socioeconomico è solo un lato della medaglia: dall'altra parte c'è la questione morale, che deriva dall'avvicinare acqua, soldi, energia e che molti presenti in sala non accettano. «Per me il Vajont è successo ieri - ha commentato Franco Tovanella -: rivivo la stessa situazione che ha portato alla costruzione della diga. Utilizzare così l'acqua del Vajont sarebbe come far morire una seconda volta le vittime del 9 ottobre».

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