Valbelluna, il progetto di undici amici per salvare la Malga Van
A Limana nasce la coop Pascolando per preservare la piccola agricoltura contadina
Preservare la piccola agricoltura contadina in opposizione alla produzione industriale di cibo, convertendo l’attività di sussistenza in forma dignitosa, profittevole e in grado di attrarre i giovani. Con questa idea, un gruppo di giovani professionisti di Limana ha fondato a inizio 2024 la cooperativa Pascolando e ha vinto il bando comunale per la gestione di Malga Van.
Il modello economico ideato dalla cooperativa tiene insieme tradizione e innovazione, per consentire ai piccoli allevamenti di bestiame a conduzione familiare non solo di sopravvivere ma di produrre reddito. Pur così recente, l’iniziativa è stata inclusa tre le “Buone Pratiche” di SlowFood per le terre alte, presentata a fine settembre a “Terra Madre” - il salone del gusto di Torino e l’11 dicembre alla Fao, l’organizzazione dell’Onu che si occupa di agricoltura e alimentazione.
L’occasione è stata la Giornata Internazionale della Montagna, cui hanno partecipato il presidente della cooperativa Carlo Murer e il segretario Giacomo Piazza. «L’approccio che abbiamo scelto è di rispetto delle caratteristiche etologiche degli animali, una gestione rigenerativa dei pascoli per essere un polo di attrazione per i giovani che vogliono ritornare a praticare agricoltura in montagna», afferma Murer. «Per SlowFood essenziale è stata la scelta di operare a stretto contatto, quasi a servizio della comunità locale: il latte è di nostra produzione, viene lavorato nella latteria turnaria di Valmorel e il formaggio ricavato lo vendiamo direttamente, senza intermediari, alle famiglie dei dintorni o ai turisti che ci vengono a trovare in malga. Importante anche l’opera di rigenerazione dei pascoli».
Il progetto di Pascolando nasce dalla presa d’atto che l’abbandono dell’agricoltura in montagna è una realtà dovuta a più fattori: spopolamento, mancanza di attrattività verso i giovani imprenditori, carico burocratico eccessivo, complessità nella gestione dei bandi per accedere a contributi, difficoltà nel reperire tecnologie digitali oggi essenziali per condurre un allevamento. I numeri di Valmorel sono esemplificativi del fenomeno: «Partiamo da un dato molto semplice e allo stesso tempo drammatico», dice Murer. «Fino a pochi anni fa in Valmorel c’erano 4 malghe e oltre cento famiglie avevano dei capi di bestiame, contati a centinaia, che alimentavano la locale latteria turnaria. In poco tempo i nuclei con qualche vacca erano rimasti 4 e le malghe si erano ridotte a due, rendendo di fatto insostenibile la sopravvivenza della latteria che, va ricordato, è una delle pochissime rimaste in Italia con questo modello».
Le due malghe residue erano in stato di semi abbandono e gran parte dei pascoli sottoutilizzata, con le superfici ormai aggredite dal bosco e la crescita di essenze, come la menta, poco adatte ad alimentare gli animali. Invertire la tendenza necessitava di idee nuove e, soprattutto, di un modello differente che tenesse conto dei limiti geografici e anagrafici per rendere sostenibile l’attività sotto ogni profilo, ambientale, sociale ed economico. Sono gli stessi principi della Politica Agricola Comune (Pac) e della Politica di Coesione dell’Unione europea per le aree rurali e montane che, dice Murer «rimangono il punto di riferimento per chi opera in questo settore».
Per questo, racconta Murer, «abbiamo preso in prestito concetti organizzativi tradizionali e li abbiamo coniugati con una serie di innovazioni sia tecnologiche sia gestionali». I soci della cooperativa Pascolando sono 11 ma ciascuno mantiene il proprio lavoro: chi ha l’azienda agricola, chi fa l’agronomo, un altro è forestale. A turno, lavorano nella malga seguendo gli animali, il pascolo e le pratiche burocratiche, ciascuno secondo le proprie competenze e adattando di fatto l’antico istituto della turnarietà. Inoltre, facendo leva sul concetto di ecosistema, i soci si sono rivolti all’esterno per recuperare strumenti e funzioni che sarebbe stato impensabile procurare con le sole forze interne: «per esempio, un contributo di Natura Sì ci ha permesso di acquistare un certo numero di capi di bestiame e oggi siamo a circa 30 vacche da latte», ricorda Murer. «Poi c’è il collegamento con la Fondazione Elserino Piol, un tassello chiave sia per riuscire ad accedere ai contributi pubblici, sia per un piano di interventi di innovazione tecnologica».
Giacomo Piazza, responsabile Agritech della Fondazione e socio della cooperativa illustra i progetti in corso: «Abbiamo fornito la connessione a Internet satellitare, visto che la zona di Malga Van non è coperta dal segnale tradizionale; abbiamo installato una serie di telecamere che ci consentono il monitoraggio della stalla, dei pascoli e della malga. Per il futuro sono due i progetti più importanti: uno riguarda il recinto virtuale, un sistema che attraverso un’applicazione digitale invia segnali agli animali per evitare che si allontanino dall’area prestabilita. Ci stiamo lavorando con i ricercatori dell’Università di Padova. Il secondo è uno studio su una tecnologia che permetta di tenere lontani i predatori».
Nei prossimi anni, la cooperativa Pascolando prevede di crescere mantenendo intatto il proprio modello, conclude Murer. «Continueremo ad appoggiarci alla latteria turnaria di Valmorel e non prevediamo di conferire il latte a latterie industriali, altrimenti tutti gli sforzi andrebbero persi in cambio di un controvalore per il latte del tutto insufficiente e alla perdita dei valori che il nostro latte rappresenta. Oggi, il fatto di non doverci fare carico della gestione diretta di un caseificio ci permette di trasformare il prodotto e poi venderlo come nostro, avendo la filiera completa in mano. Attività quelle di trasformazione, stagionatura e commercializzazione coordinate dalla costante ed esperta presenza del socio fondatore Gabriele Sgarbi. Abbiamo il punto vendita in malga d’estate e, per l’inverno abbiamo avviato contatti con Gas locali (Gruppi di acquisto solidale) e molto viene venduto attraverso il passaparola, non essendo noi, per scelta, presenti nei social. Obiettivo vendere il più possibile nella comunità locale e mantenere il legame con il territorio e il rapporto diretto con il consumatore finale».
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