Valle di San Lucano, in 500 per sostenere la ripartenza di un territorio ferito

Una “passeggiata solidale” approdata fino alle Peschiere conclusasi con gli interventi di Alessandro e Silvano Savio e del geologo Vittorio Fenti

TAIBON. Circa 500 persone in Valle di San Lucano per dare sostegno morale alla ripartenza di un territorio ferito. È stata una manifestazione riuscita quella organizzata ieri pomeriggio a Taibon dalla sezione agordina del Cai. Una “passeggiata solidale”, quella partita dal parcheggio in riva al Tegnas e approdata alle Peschiere all’ingresso della Valle di San Lucano, che ha visto una numerosa partecipazione a testimonianza dell’amore che la gente nutre per quei posti che hanno conosciuto la furia della natura a fine ottobre. «Questo non è un arrivo, ma una partenza», ha detto la presidente della sezione agordina del Cai, Anna Magro, dopo l’introduzione musicale di Nelso Salton al contrabbasso, «solamente assieme renderemo il territorio di nuovo fruibile. Sarà sicuramente diverso, ma sarà sempre bello».. In tal senso Andrea Bernardi, di “Agordo Musica”, ha annunciato che la rassegna estiva di Musica nell’Agordino toccherà proprio i posti colpiti da Vaia. Cosa sia successo a fine ottobre lo ha ricordato Loris De Col, vicesindaco di Taibon: prima l’incendio, poi l’acqua, poi il vento. «C’è la necessità di avviare le operazioni», ha detto, «e anche il ripristino della viabilità silvo-pastorale per poter accedere alle zone. Gli interventi dovranno essere fatti di concerto con gli enti preposti e le associazioni».

Quindi la parola è passata ai tre relatori: Alessandro Savio, Vittorio Fenti e Silvano Savio. Il primo ha richiamato l’attenzione sugli ostacoli messi dalla burocrazia. «La natura se ne frega delle norme e dei regolamenti», ha sottolineato, «inutile dire che è proibito il taglio raso, perché poi arriva il vento e il taglio raso lo fa lui. Ma le leggi si possono cambiare. Vedendo, però, che qui non si è fatto niente per la rimozione degli alberi, penso che il vento ci abbia lasciato solo l’aria della rassegnazione». Il geologo Fenti ha invece mandato un messaggio di speranza, ma ha sottoscritto il pensiero di Savio sulla burocrazia che «divora le risorse dello Stato. Il bosco va tolto dagli alvei, dalle strade, dalle linee elettriche», ha tuonato, «serve indicare le zone di pericolosità e fare un catasto degli eventi e ricordare quello che è successo nel tempo. Le opere poi non bastano, serve la loro costante manutenzione. Svegliamoci, chiediamo qualcosa a chi ci comanda».

Per l’ex forestale Silvano Savio se gli alberi sono ancora a terra è perché nel tempo è cambiato il loro valore. «Nel 1955 un mc di abete rosso costava 25 mila lire, cioè la paga di un operaio», ha detto, «se pianta che ho alle spalle valesse 2 mila euro la raccoglieremmo e invece ne vale 20. Dobbiamo trattare gli alberi a terra come macerie, perché macerie erano. Dobbiamo raccoglierli perché a maggio arriverà il bostrico e dobbiamo ricostruire l’architettura di una valle: una stalla, pascoli e sostegno al turismo». —

 

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