«Valorizziamo il Parco e il patrimonio culturale»
BELLUNO. Natura e cultura per rilanciare la città. Sono due le carte che Belluno può giocare per il suo rilancio. L’inaugurazione del museo Fulcis di domani è una grande occasione per il capoluogo dolomitico, che non ha nulla da invidiare a mete più blasonate, almeno dai tour operator.
«Belluno ha una storia ricca, affascinante. È l’unica città capoluogo che ha al suo interno un Parco nazionale. E poi si trova in una posizione straordinaria, a un’ora di auto da Cortina, da Venezia, dalle Ville venete». Parola di Marco Perale, ex assessore comunale, che di recente ha lavorato per siglare il gemellaggio con la cittadina americana di Blend e che conferma: «Ogni mese vengono almeno un paio di gruppi di turisti da oltre oceano. Per loro le distanze fra Belluno e Cortina o fra Belluno e Venezia sono talmente piccole che non possiamo continuare a non sfruttare questa vicinanza geografica».
Domani sarà inaugurato il Museo Fulcis. Qual è il ruolo della cultura per il rilancio di Belluno?
«Da quando, all’inizio degli anni ’90, è stata sciolta la Brigata Cadore, Belluno sta faticosamente decidendo cosa fare del suo futuro. Era una città di terziario, fino a quel momento, con la chiusura della caserma Fantuzzi molti sono stati centralizzati e la nostra città si è trovata a doversi reinventare un ruolo. Abbiamo due carte da giocare: natura e cultura. Siamo l’unica città capoluogo che ha nei suoi confini un Parco nazionale. Ma la carta del Parco deve essere giocata in maniera migliore rispetto a quanto è stato fatto fino ad oggi, per esempio concludendo, dopo vent’anni di trattative, il sentiero che costeggia l’Ardo e che porta l’escursionista dal centro storico nel cuore del Parco. E poi c’è la cultura. Belluno ha la sua storia, ha potenzialità che deve riuscire a giocare e a sfruttare bene. Abbiamo un patrimonio incredibile».
Parlava del rapporto fra Belluno e Venezia. Da qualche tempo si sente parlare di riscoprire e valorizzare questo legame.
«In ambito culturale è obbligatorio riuscire a collegare queste due città. Nessun capoluogo di provincia, in Veneto, a parte Venezia ha grandi musei. Nel Bellunese si possono organizzare mostre sull’identità del territorio e delle sue comunità, ma parliamo di piccoli numeri. Quello che bisogna fare è mettere in rete i sette capoluoghi del Veneto, per fare gioco di squadra. Così si potrebbero organizzare grandi mostre, sfruttando l’unico nome spendibile nel mercato internazionale, Venezia».
Lei è un uomo di cultura. Cosa risponderebbe a chi sostiene che la cultura costa e che con la cultura non si mangia?
«Questa è una logica tatcheriana o reaganiana. Non tutto deve pagarsi. Si pensi ai servizi sociali: non è pensabile che il loro costo ricada interamente su chi ne fruisce. Anche l’educazione dei ragazzi. Sanità, sociale, educazione, cultura non sono cose su cui si possa fare economia. Chi pensa in questo modo, non ha capito niente di come funziona l’uomo. Sulla cultura bisogna investire. È chiaro che non si fanno utili con le biblioteche, ma noi non siamo solo esseri economici. Chi pensa che tutto debba essere produttivo non ha capito niente».
Come vede l’operazione che trasformerà Palazzo Crepadona nella mediateca delle Dolomiti?
«Chiunque sia stato in amministrazione ha lavorato alla nuova biblioteca della città. Tutti i sindaci degli ultimi 35 anni hanno fatto la loro parte. Come per il museo. Massaro taglierà il nastro del nuovo Fulcis, ma dietro c’è il lavoro di quattro amministrazioni. È giusto così, è bene continuare il lavoro di chi è venuto prima se è stato un buon lavoro. La nostra biblioteca ha bisogno di spazi più ampi e nuovi modelli di fruizione. Deve diventare moderna, con scaffali aperti, spazi di lettura più ampi, anche perché rappresenta un luogo di socializzazione per i giovani. Trovo giustissimo investire su questo palazzo, è un bene aver vinto il bando dei 18 milioni. Anche questa sarà un’occasione straordinaria per la città per il suo rilancio».
E su Palazzo Bembo? Sembra non ci sia grande chiarezza sul futuro di quel contenitore.
«Questa giunta ha ipotizzato di farlo diventare il museo archeologico e va benissimo. Finalmente troveranno respiro molte collezioni, come quella numismatica che le grandi famiglie bellunesi hanno conferito al museo, che non sono mai state visibili per questioni di spazi. E potranno essere esposti anche tutti i ritrovamenti fatti con gli scavi per la rete del metano negli anni ’90. Se poi Belluno saprà mettersi in rete con Venezia, ecco che le duecento spade che riposano negli scantinati di Palazzo Ducale, e che rappresentano la nostra storia, potranno diventare patrimonio della città».
Belluno dunque deve puntare sulla cultura ma anche sulla natura. Oltre al Parco abbiamo il Piave, lo Schiara, il Nevegal... come si possono valorizzare per attrarre visitatori e giocare la famosa carta del rilancio?
«Bisogna essere aggiornati per intercettare tutti i turisti potenziali. La fruizione della montagna è cambiata molto negli anni e bisogna essere pronti. Si pensi a quanti usano le ciaspe, all’escursionismo invernale, dobbiamo essere aperti ad una geometria variabile. Abbiamo il richiamo di Venezia: giochiamo su tutto quello che possiamo offrire come territorio, natura, cultura, enogastronomia».
Il rilancio della città è fattibile, dunque?
«Io sono ottimista. Non vedo il resto del Veneto correre tantissimo. Stiamo tenendo il passo, anche perché siamo allenati a farlo, visti i “vicini di casa” che abbiamo. Ma adesso è fondamentale fare squadra a livello di Veneto. Tutti abbiamo potenzialità inespresse, che dobbiamo sfruttare, insieme, e che porteranno a risultati positivi».
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