Valsabbia chiede un maxi risarcimento
GOSALDO. La centrale in valle del Mis è illegittima, così ha deciso la Cassazione alla fine di ottobre. Adesso, a tre mesi di distanza da una sentenza storica, Eva Valsabbia spa, la società che aveva avviato i lavori per la realizzazione dell'impianto, chiede i danni. La cifra è da capogiro: 16 milioni di euro.
Valsabbia ha citato l'ente Parco, la Regione e l'Autorità di bacino, ovvero quegli enti che hanno concesso le autorizzazioni per la realizzazione della centrale idroelettrica. Enti che ora si trovano fra le mani un bel problema.
Il presidente del Parco Benedetto Fiori al momento non si sbilancia: «La citazione per danni è arrivata la scorsa settimana», spiega. «Mi devo ancora consultare con gli avvocati. Però non capisco perché citino noi. È stata la Cassazione a fermare i lavori, non il Parco».
Il Parco, però, nel 2008 fu uno degli enti che diede il suo parere positivo alla centrale. Il 27 ottobre di quell'anno, il consiglio direttivo deliberò a maggioranza «di ritenere ammissibile la realizzazione di un impianto idroelettrico del Canal del Mis, nel territorio di Gosaldo, proposto dalla società Eva Energie Valsabbia spa; di autorizzare il direttore del Parco (allora c'era Guido De Zordo, ndr) a esprimere, presso la Commissione regionale Via, il parere favorevole dell’ente Parco a condizione che, per salvaguardare l’integrità ecosistemica del torrente nel tratto sotteso dall’impianto, l’opera di captazione sia dimensionata in modo di garantire il DMV (deflusso minimo vitale, ndr) aumentato del 50%, concordemente a quanto indicato nella citata relazione per la Valutazione di Incidenza».
La delibera «dopo ampia discussione» passò con i voti favorevoli del presidente De Zordo, dei consiglieri Gabriele Caldart, Alberto Colleselli, Marina Trevisan e Gianvittore Vaccari. Giovanni Sburlino e Roberto De Rocco votarono contro, Roger De Menech si astenne.
Valsabbia, quando ha iniziato i lavori di realizzazione della centrale, aveva tutti i permessi che le servivano, da parte degli enti preposti a concederli (anche se poi si scoprì un inghippo con gli usi civici). Ora che la Cassazione ha deciso che in realtà quel progetto viola la legge (perché va a modificare il regime delle acque all'interno del Parco, per esempio, e perché l’intervento di trasformazione edilizio-urbanistica viola il divieto di nuove edificazioni nelle zone Parco “orientate”, cioè con particolare protezione), la società bresciana, difesa dall'avvocato Maurizio Paniz, si rivale su chi concesse il via libera.
E lo fa in grande stile, chiedendo la bellezza di 16 milioni di euro di danni.
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