Valsabbia non vuole ripristinare la val del Mis

La società ricorre in Cassazione contro la sentenza del Tribunale acque pubbliche basandosi sul fatto che ha costruito l’impianto perché autorizzata dai vari enti

BELLUNO. Nessun ripristino della valle del Mis. Eva Valsabbia ha presentato ricorso in Cassazione avverso la sentenza del Tribunale superiore delle acque pubbliche, che il 23 marzo aveva rigettato il precedente ricorso della società. Anch’esso relativo all’obbligo di predisporre un progetto per riportare la valle del Mis al suo stato originario, rimuovendo il cemento che giace abbandonato da ormai quattro anni.

Era stata la Regione a obbligare Valsabbia ad attivarsi per sistemare i luoghi nei quali aveva iniziato a costruire il corpo della centrale e l’opera di presa. Valsabbia aveva fatto ricorso al Tribunale superiore delle acque pubbliche, che ha dato ragione alla Regione. In maggio Valsabbia ha presentato un nuovo ricorso, stavolta in Cassazione, sostenendo che il ripristino non spetta a lei.

«La società ha costruito in valle del Mis sulla base di autorizzazioni che le erano state date», spiega l’avvocato della società Maurizio Paniz. «Perché dovrebbe essere la società a occuparsi del ripristino dei luoghi, se era stata autorizzata a costruire?». Su questi elementi si fonda il ricorso alla Suprema Corte di Cassazione.

La vicenda della centralina idroelettrica in valle del Mis si sta giocando nelle aule di tribunale, ai vari gradi di giudizio, da anni. Nel 2009 Valsabbia ottenne il parere favorevole alla realizzazione della centrale da parte di Regione, Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, Autorità di bacino e Comuni di Sospirolo e Gosaldo. La centrale sarebbe sorta all’interno del Parco e le associazioni ambientaliste iniziarono a contrastare il progetto.

Il ricorso al Tribunale superiore delle acque pubbliche non andò a buon fine, ma il Wwf si rivolse alla Corte di Cassazione, che nell’autunno del 2012 ha dato ragione agli ambientalisti, annullando tutti i provvedimenti autorizzativi. Non potevano essere dati. Valsabbia fu costretta a interrompere i lavori, con il corpo della centrale ormai costruito in gran parte. Il cantiere da allora è rimasto inalterato.

Nel frattempo Valsabbia ha presentato anche una richiesta di risarcimento danni per circa 39 milioni di euro nei confronti degli enti che la autorizzarono a realizzare la centrale. Il procedimento è fermo in Cassazione, dove si sta decidendo quale sia il giudice competente a occuparsene. Dalle conclusioni del procuratore generale sarebbe il giudice ordinario.

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