Vecchie lapidi del Vajont, ipotesi di un libro e di foto esposte
LONGARONE. Un museo per le quasi 800 lapidi delle vittime del Vajont, ammassate nel magazzino cimiteriale di Fortogna?
Oggi, nel giorno dell'anniversario, il sindaco di Longarone Roberto Padrin, dirà ufficialmente la sua. Pare però improbabile l'ipotesi museale, sia per la mancanza di spazi adeguati, ma soprattutto di risorse. «Sinceramente non ne ho mai sentito parlare» anticipa il sindaco. Di questa prospettiva non ne hanno parlato neppure i superstiti, che, peraltro, hanno reagito commossi alle testimonianze di Renato Migotti e Gianni Olivier riportate da "Il Corriere delle Alpi".
L'unica soluzione prospettabile è l'esposizione delle foto delle lapidi, realizzate dallo stesso Olivier, negli spazi all'ingresso del cimitero di Fortogna. Foto che con ogni probabilità finiranno anche in un libro, come corredo delle schede di ciascuna vittima, sulla base del volume pubblicato qualche tempo dopo la tragedia dalla Pontificia opera di assistenza. «Abbiamo preso in esame anche la possibile installazione delle lapidi lungo i perimetri nord e sud del cimitero, ma la soluzione risulterebbe eccessivamente impattante rispetto alle dune verdi che danno continuità all'area cimiteriale con il verde della montagna - spiega Migotti, che è un architetto -. E poi questo patrimonio, così simbolico, verrebbe esposto troppo pesantemente alle intemperie».
Difficile, dunque, individuare una soluzione. Il sindaco Padrin ha già anticipato che nulla farà se non d'accordo con l'associazione dei superstiti, dalla qualche ha detto di attendere dei suggerimenti. Ma al centro della commemorazione di oggi il sindaco inserirà anche un tema di stretta attualità: la sicurezza ambientale.
«Anche in questi mesi, di varie emergenze ambientali, ci siamo resi conto di quanto è fragile il nostro territorio - afferma -. La tragedia del Vajont è una lezione che in tema non ha insegnato nulla, perché piccoli e grandi interventi si susseguono senza tener conto delle più elementari regole della sicurezza». Padrin cita come esempio, peraltro virtuoso, l'ormai prossima sistemazione della strada per Igne che rischia di franare e che ha richiesto al Comune un anno d'impegno nella progettazione.
Oggi, in ogni caso, sarà il giorno della memoria.
«Il disastro del Vajont è impresso nella memoria collettiva dell'Italia come uno degli eventi più dolorosi del dopoguerra - ha ricordato ieri il presidente della Regione Luca Zaia -. Alle vittime dedichiamo un silenzioso ricordo, ai vivi un ringraziamento sincero perché la loro tenacia e determinazione sono di esempio per tutti e hanno riportato la vita dove la vita era stata spazzata via una sera di oltre cinquant'anni fa».
Zaia dà atto al popolo del Vajont di essersi adoperato, oltre ogni limite, nella ricomposizione dei paesi. «Chi visita oggi queste valli - afferma - vede chiara la volontà dei suoi abitanti di conservare la memoria di ciò che hanno subito, ma anche e soprattutto di guardare avanti. La ricostruzione non è stata solo quella edilizia, ma è stata anche di una comunità fortemente ancorata alla sua identità locale, all'appartenenza territoriale basata sulle esperienze di vita e sui ricordi, sulle relazioni sociali ed economiche».
Per Zaia non ci sono dubbi: la messa in sicurezza del territorio deve rappresentare una priorità. Per Franco Iacop, presidente del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, il Vajont è stato un disastro annunciato, dovuto alla superficialità umana. «Oggi però siamo qui a ricordare con grande commozione e immutato dolore le vittime - aggiunge Iacop - perché ricordarle significa non solo portare loro quel rispetto che è dovuto, significa soprattutto non consegnarle all'oblio, mantenere viva la memoria per dare forza e speranza a una comunità che è stata annientata e che ha avuto il coraggio di rimboccarsi le maniche e andare avanti».
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