Veneto, il dialetto piace agli immigrati"Carèga" (sedia) la parola più usata
Ricerca della Fondazione Quaeris da Belluno a Rovigo: l'integrazione passa attraverso l'apprendimento e l'uso dei termini dialettali
BELLUNO
. “Ciao bea”. “Come stetu? Ciapa una carega e vieni in toea a magnàr” (Ciao bella. Come stai? Prendi una sedia e vieni a tavola a mangiare).
Non è un dialogo tratto da una commedia del Goldoni ma un ipotetico scambio di battute tra due immigrati stranieri che studiano o lavorano nel profondo Nordest, in Veneto. Già, perché il dialetto piace agli immigrati, come dimostra numeri alla mano una ricerca intitolata “La lingua dei nuovi veneti”, realizzata dall'istituto Quaeris per conto della cooperativa sociale Insieme si può e dalla Fondazione Ispirazione.
Preso un campione di 300 studenti e 300 lavoratori di 30 paesi diversi residenti nelle varie province del Veneto, gli autori dell'indagine hanno scoperto un utilizzo diffuso del dialetto nelle conversazioni, con l'uso alternato di italiano, lingua madre e veneto che dà vita ad una sorta di slang trilingue.
Secondo lo studio, il vocabolo più conosciuto e utilizzato sia dai giovani che dagli anziani è “carega”, cioè sedia, mentre i due gruppi si differenziano per l'uso di altre parole: i lavoratori _ la maggior parte dei quali opera nel campo dell'assistenza agli anziani o ai malati _ hanno più confidenza con termini funzionali come
"magnar" "braghe", "fadiga", "toea"
mentre gli studenti usano parole e frasi legate alla socializzazione, ma anche modi di dire mutuati dal linguaggio dei loro coetanei veneti doc, come per esempio
"situ drio menarme pal cesto",
che significa più o meno “mi stai prendendo in giro”; o
"tasi va che xe mejo"
(taci che è meglio).
Addirittura si assiste alla riscoperta di vocaboli ormai desueti che molti veneti autoctoni nemmeno conoscono. Un esempio? La parola
"intimea"
che è la federa dei cuscini e che probabilmente le badanti e le colf straniere hanno appreso dalle persone anziane che accudiscono: “In questo modo _ spiega il sociologo Giorgio De Carlo, curatore della ricerca _ gli immigrati aiutano a conservare e tramandare il patrimonio dialettale. Più in generale, assistiamo al fenomeno del cosiddetto trilinguismo consapevole, cioè l'uso della lingua madre in famiglia, dell'italiano nei rapporti istituzionali e del dialetto con gli amici o sul luogo di lavoro”.
Dall'indagine si scopre anche che otto lavoratori stranieri su dieci considerano il dialetto utile e in grado di creare migliori opportunità, mentre oltre la metà degli studenti lo ritiene importante come elemento di socializzazione. Addirittura, il 30 per cento degli intervistati vorrebbe che venisse insegnato a scuola e la maggior parte di loro dice che grazie al dialetto si sente più “veneta”.
I risultati della ricerca verranno presentati lunedì prossimo nel corso di un convegno a Treviso.
Ma ecco un glossario dei termini dialettali più utilizzati dalle due categorie di intervistati.
Lavoratori
. Carega (sedia), magnàr (mangiare), impissàr (accendere), toseta (ragazzina), toea (tavola), fadiga (fatica), braghe (pantaloni), tochetìn (pezzetto), intimea (federa).
Studenti
. Ciao bea (Ciao bella), Come stetu/statu (come stai), come xea (come va), carega (sedia)
Riproduzione riservata © Corriere delle Alpi
Video